giovedì 16 luglio 2009

Salerno/Cava: Partigiani Fantocci e odio razziale – Quattro topi di fogna a giudizio!0 Comments Published luglio 15th, 2009 in news. Il 25 aprile del 2007, in occasione dei festeggiamenti per la liberazione, appesero dei fantocci impiccati al balcone del Palazzo dell’ex Pretura di Cava, con appesi al collo cartelli con scritte contro i partigiani; nella notte tra il 12 e il 13 giugno fecero irruzione all’interno del centro sociale “Asilo Politico” di Salerno, dando fuoco a mobili e suppellettili, manomettendo anche l’impianto idrico provocando così l’allagamento dei locali; ed in più, in occasioni di manifestrazioni pubbliche, inneggiarono all’odio razziale ed etnico, esibendosi nel saluto romano, e detenendo in casa armi bianche, manganelli e fionde.Queste le accuse che, ieri mattina, hanno indotto il gup Zarone a rinviare a giudizio quattro giovani vicini al gruppo “Forza Nuova”. Si tratta di Guido D’Amore, Vito Mercurio, Raffaele Marino e Luca Lezzi (il collegio difesivo era formato dagli Avvocati Giovine, Ciliberti, De Felice). Il processo nei confronti dei quattro imputati prenderà il via il prossimo 16 marzo 2010, dinanzi ai giudici della Seconda penale del tribunale di Salerno. “In quella sede – ha commentato ieri l’avvocato Giovine subito dopo il pronunciamento del gup Zarone – dimostreremo l’insussistenza del quadro accusatorio. Riteniamo infatti che alcuni elementi di prova addotti dalla Procura siano del tutto insufficienti per determinare la penale responsabilità dei nostri assistiti. 12 15/07/2009Il Mattino di SalernoIL PROCESSOApologia del fascismo in 4 a giudizio L’accusa: tentarono di incendiare la sede di Asilo Politico Svastiche a Cava Sono stati rinviati a giudizio con accuse pesanti dall’apologia del fascismo, alla discriminazione razziale, al vilipendio delle forze di liberazione Guido D’Amore, Vito Mercurio, Raffaele Marino, e Luca Lezzi. Quattro giovani che in diverse occasioni inneggiavano al fascismo, con il tipico saluto romano di stampo fascista. Ieri il giudice dell’udienza preliminare Dolores Zarone ha accolto la richiesta del pubblico ministero Rocco Alfano e ha disposto il rinvio a giudizio. Il processo per i quattro giovani inizia il 16 marzo del prossimo anno dinanzi ai giudici della seconda sezione penale. Sono diversi gli episodi emersi nel corso delle capillari indagini, condotte dagli uomini della Digos, diretti dal vicequestore Luigi Amato. In diverse manifestazioni pubbliche hanno effettuato propaganda fascista. E poi ancora sono stati trovati in loro possesso striscioni con svastiche e croci celtiche o altra documentazione inneggiante al fascismo. A giugno di due anni fa Lezzi e Marino avrebbero forzato la grata di una finestra del centro sociale «Asilo Politico» a Salerno, dove aveva sede l’associazione culturale «Andrea Proto» e avevano dato fuoco a mobili e suppellettili. Veniva manomesso inoltre l’impianto idrico, con conseguente allagamento. Danneggiati i servizi igienici e l’impianto elettrico. E poi scritte sui muri, con la sigla «N.A.R.» e altre oltraggiose, accompagnate da svastiche e simboli celtici. Sono solo di qualche mese prima i fatti che sarebbero stati commessi a Cava de’ Tirreni da D’Amore, Mercurio e Marino, con altri giovani di «Forza Nuova» sempre di Cava in occasione 25 aprile vilipendevano le forze armate in pubblico, collocando tre fantocci come se fossero impiccati al balcone dell’ex pretura di Cava de’ Tirreni e un altro attaccato al lampione, con al collo cartelli con le solite scritte. Poi durante manifestazioni pubbliche i quattro giovani avrebbero sventolato bandiere e drappi con svastiche e croci celtiche, oltre che frasi inneggianti al fascismo. a.b.

mercoledì 8 luglio 2009

Tre anni e mezzo per gli assassini di Federico Aldrovandi, diciottenne picchiato a morte dalla polizia il 25/09/05, morto per soffocamento dopo l'incontro con gli sbirri.Quattro anni per stabilire che la vita di un ragazzo di 18 anni vale 3 anni e mezzo...La cosa triste è che la prima reazione è di "gioia", il primo pensiero è che giustizia c'è stata.Siamo in un Paese in cui anche i genitori privati del proprio figlio hanno un moto di soddisfazione perchè quei poliziotti sono stati ritenuti colpevoli, di eccesso colposo in omicidio colposo di un ragazzino che camminava per strada di sera. Ecco l'articolo de LA REPUBBLICA Per la morte del giovane Aldrovandipoliziotti condannati a tre anni e 6 mesi I genitori: "Volevamo che fossero restituiti rispetto e dignità a nostro figlio" Federico AldrovandiFERRARA - Il tribunale di Ferrara ha condannato a tre anni e sei mesi i quattro poliziotti accusati di eccesso colposo nell'omicidio colposo di Federico Aldrovandi, il ragazzo di 18 anni morto il 25 settembre 2005 durante un intervento di polizia. Alla lettura della sentenza i genitori del ragazzo si sono abbracciati piangendo e in aula sono partiti applausi. "Volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia, rispetto e dignità", ha detto il padre di Federico. "Mio figlio non era un drogato, era un ragazzo di 18 anni che amava la vita e che quella mattina non voleva morire". Sua moglie è sembra stata convinta della colpevolezza degli agenti: "Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura che se la potessero cavare, ma in fondo ci ho sempre creduto. Ora quei quattro non devono più indossare la divisa". Inchiesta e processo hanno visto come parte fondamentale la famiglia Aldrovandi, la mamma Patrizia Moretti e il papà Lino, in prima linea per chiedere la verità, prima con il blog su Kataweb aperto nel gennaio 2006 e diventato uno dei più cliccati in Italia, poi lungo l'inchiesta e il processo, scanditi dalle perizie, dalla raccolta delle testimonianze, dalla ricostruzione faticosa delle cause della morte di Federico. Il pm Nicola Proto aveva chiesto condanne per tre anni e otto mesi a ciascuno dei quattro agenti. L'accusa è di aver ecceduto nel loro intervento, di non aver raccolto le richieste di aiuto del ragazzo, di aver infierito su di lui in una colluttazione imprudente usando i manganelli che poi si sono rotti. La parte civile, (Gamberini, Del Mercato, Anselmo e Venturi) ha ricostruito sotto quattro angolazioni diverse le difficoltà per raggiungere non la verità ma il processo stesso, sostenendo che la morte di Federico sia addebitabile alla colluttazione con gli agenti (nel corso della quale si ruppero due manganelli) e all'ammanettamento del giovane a pancia in giù con le mani dietro la schiena. Posizione che, secondo i loro consulenti, avrebbe causato un'asfissia posturale. A questa causa va aggiunta la tesi di un cardiopatologo dell'Università di Padova, il professor Thiene, secondo il quale il cuore avrebbe subito un arresto dopo aver ricevuto un colpo violento. Per la difesa (Pellegrini, Vecchi, Bordoni, Trombini) l'agitazione del ragazzo quella mattina, prima e durante l'intervento di polizia, era dovuta all'effetto di sostanze assunte la notte prima al Link di Bologna con gli amici. Sostanze che lo avrebbe portato a uno scompenso di ossigeno durante la colluttazione. Tutte le difese hanno chiesto l'assoluzione piena degli imputati, che agirono rispettando le regole e il modus operandi previsto per interventi di contenimenti di persone fuori controllo (uso dei manganelli, metodo di ammanettamento e di contenzione o pressione sul corpo). Ancora oggi, tuttavia, nonostante l'intervento di oltre 15 tra i più affermati e riconosciuti esperti italiani (medico-legali, tossicologi, anestesiologi, cardiopatologi) non si è arrivati a chiarire con certezza le cause della morte.