domenica 18 novembre 2012

COL POPOLO PALESTINESE CONTRO IL SIONISMO, SINO ALLA VITTORIA


Il Partito Comunista dei Lavoratori si schiera da subito senza riserve al fianco del popolo palestinese contro l'azione criminale in atto da parte dello Stato Sionista d'Israele.

Il governo Netanyahu ha aperto la propria campagna elettorale per il voto di Gennaio con una nuova escalation militare contro la popolazione di Gaza. Una popolazione già schiacciata ed oppressa in una piccola prigione a cielo aperto viene bombardata senza pietà dai propri carcerieri. Che preparano una nuova invasione militare della Striscia, e una sua nuova possibile occupazione , fuori e contro ogni parvenza di cosiddetta “legalità” internazionale. Si prepara per i Palestinesi una nuova pagina drammatica di resistenza eroica.

Ancora una volta gli alleati veri del popolo Palestinese non siedono all'ONU, né alla testa degli Stati arabi. Il nuovo governo egiziano dei Fratelli Musulmani, che pur “condanna” l'azione d'Israele, si guarda bene dal rompere il trattato di pace col Sionismo siglato dall'Egitto nel 79. L'esercito egiziano che nuovamente intimidisce e reprime il proprio popolo non si schiererà sul campo a fianco dei palestinesi: preferisce soldi e protezione dell'Amministrazione USA, garante del compromesso coi Fratelli Musulmani e delle relazioni di buon vicinato con Israele. L'arroganza omicida di Israele contro i palestinesi è proporzionale alla viltà e alla corruzione delle borghesie arabe.

Solo i lavoratori e la popolazione povera di Palestina e dei paesi arabi possono intervenire a sostegno del popolo di Gaza. Con una straordinaria mobilitazione di massa che travalichi i confini artificiali degli Stati Arabi. Che recuperi e sviluppi sino in fondo le stesse aspirazioni di libertà e di emancipazione delle grandi rivolte della “Primavera”, contro i nuovi governi borghesi che le hanno negate e sequestrate. Che impugni il diritto storico alla liberazione araba dal sionismo, al ritorno incondizionato dei palestinesi nella propria terra, al rovesciamento dello Stato coloniale fantoccio d'Israele, alla creazione di uno Stato arabo di Palestina, laico e socialista, all'interno di una Federazione socialista araba e del Medio Oriente.

Non può esservi “pace” tra oppressi ed oppressori. La rivendicazione “Due popoli, due Stati”, che accomuna le sinistre riformiste e l'intero arco borghese democratico, è tanto più oggi un'utopia subalterna. Solo la distruzione dei fondamenti militari, etnici, confessionali dello Stato sionista d'Israele può liberare uno spazio storico di pacificazione tra Arabi e minoranza ebraica in Palestina.

Tanto più oggi, la salvezza del popolo palestinese, e la conquista di una pace giusta e durevole in Medio Oriente, sono inseparabili dalla prospettiva di una rivoluzione socialista nell'intera nazione araba. Contro ogni subordinazione al sionismo, all'imperialismo, al fondamentalismo religioso. Il vero risorgimento nazionale arabo sarà socialista o non sarà.


Partito Comunista dei Lavoratori

mercoledì 26 settembre 2012

Iniziativa del Coordinamento Antifascista Salernitano. Spingiamo in mare la Estelle!

Il 4 ottobre attraccherà nel porto di Napoli il veliero “Estelle”, guidato dagli attivisti svedesi di “Ship to Gaza”. 
Estelle è l’unica nave a far parte della terza “Freedom Flotilla” che, come le due precedenti spedizioni, farà rotta su G
aza con l'obiettivo di rompere l’assedio illegale imposto da Israele e per dimostrare ancora una volta ai palestinesi che, nonostante l’avversione dei forti poteri politici ed economici che da anni si rendono complici della barbarie sionista, gli amici della Palestina non smetteranno mai di aiutarli nella quotidiana lotta contro l’assedio e l’apartheid.
Un assedio che preclude al popolo palestinese l'esercizio dei più basilari diritti umani come la possibilità di muoversi liberamente nella propria terra, di pescare nel proprio mare, rendendo difficoltose anche le più semplici azioni della vita quotidiana. Oltre a ciò, a cavallo tra il 2008 e il 2009, Gaza ha subito una durissima offensiva militare israeliana, l’operazione Piombo Fuso, che ha causato in tre settimane 1457 morti, di cui 1444 palestinesi e 13 israeliani.
Estelle è un bellissimo veliero d’altri tempi: spinta dal vento ha finora navigato dai porti della Scandinavia lungo tutte le coste europee, ricevendo ovunque un accoglienza carica di speranza e solidarietà.
La tappa di Napoli, seconda città italiana dopo La Spezia visitata dalla Flotilla, sarà l’ultimo scalo a terra per la Estelle, che già il 6 ottobre spiegherà le vele alla volta di Gaza City.
Il nostro obiettivo è adesso quello di portare alla nave ed al suo equipaggio tutto il supporto necessario ad affrontare un viaggio che, pur non preannunciandosi facile, racchiude in se la speranza ed il desiderio di un futuro fatto di pace e di diritti in terra di Palestina.
Per questo, il 29 settembre si terrà presso il centro sociale Jan Assen un incontro pubblico durante il quale, attraverso l’ausilio di attivisti già presenti in Palestina, e con la proiezione di video e testimonianze provenienti dai territori assediati, lanceremo anche da Salerno la mobilitazione per salutare degnamente la Estelle il 6 ottobre e per ribadire la nostra solidarietà alla causa palestinese
Dopo il dibattito ci sarà una cena sociale a sottoscrizione libera, il cui ricavato andrà interamente a sostenere la terza spedizione della Freedom Flotilla.
Spingiamo in mare l'Estelle
Con Vik e la Palestina nel cuore
RESTIAMO UMANI

COORDINAMENTO ANTIFASCISTA SALERNITANO





evento facebook: 
https://www.facebook.com/events/363114080437028/

giovedì 19 luglio 2012

G8 GENOVA: UNA SENTENZA INFAME

LIBERTA' PER GLI ARRESTATI, IN GALERA I TORTURATORI E I LORO COMANDANTI

NESSUNA FIDUCIA NELLO STATO
“LO STATO BORGHESE SI ABBATTE, NON SI CAMBIA” (MARX)

Per il massimo responsabile della mattanza di Genova ( De Gennaro), copertura bipartisan e continuità di carriera.
Per i poliziotti responsabili di torture indicibili, prescrizione e libertà.
Per alcuni compagni che si sono difesi dall'aggressione poliziesca, lunghi anni di galera, con l'applicazione eccezionale di un codice fascista.

Chi si era illuso nella magistratura “democratica”. Chi ha creduto al mito della Stato “democratico”, “uscito dalla Resistenza”.Chi addirittura si è affidato in questi anni all'illusione una via giudiziaria alla “democrazia”, è oggi di fronte alla realtà. Non quella che vorrebbe, ma quella che è.

La realtà è che le classi dirigenti e il LORO Stato hanno protetto incondizionatamente il proprio braccio armato, e punito chi dieci anni fa aveva osato sfidarli. Non c'è alcuna logica giuridica, per quanto distorta, nella sentenza di Genova. Ma solo una spietata logica di classe. La stessa che richiama il plauso unanime alla sentenza da parte di tutti i partiti dominanti ( dal PDL al PD), oggi impegnati a saccheggiare insieme conquiste sociali e diritti a sostegno di Monti. Tutto si tiene.

LE RESPONSABILITA' POLTICHE A SINISTRA
Proprio per questo non ci si può limitare, a sinistra, a una semplice “critica” della sentenza. Occorre aprire un bilancio politico di verità sulle condizioni che l'hanno consentita e preparata. A partire dalle responsabilità politiche dei gruppi dirigenti della sinistra italiana di questi 10 anni.

Prima di essere colpiti dalla magistratura, i compagni oggi incarcerati e la loro generazione, sono stati traditi. Traditi da chi, dopo aver esaltato il movimento No Global e la generazione di Genova, li hanno venduti al centrosinistra ( 2006/2008) in cambio di ministeri e cariche istituzionali: a braccetto con partiti (PD) che stavano e stanno dall'altra parte della barricata; in un governo che giunse non solo a difendere i comandi criminali della polizia, ma a promuovere il loro capo.
In quel governo stava Di Pietro, che oggi molti ascrivono alla “sinistra radicale”(!), ma che si oppose persino ad una commissione parlamentare di inchiesta sulle torture ed ora chiede .. le “scuse” dei movimenti. Ma in quel governo, o a suo sostegno, stavano anche TUTTI gli attuali dirigenti della sinistra “radicale” ( Vendola, Ferrero, Diliberto, Rizzo..): tutti oggi “sdegnati” per la sentenza ma tutti allora corresponsabili della rimozione di Genova. E molti ancora protesi a un nuovo possibile compromesso.. col PD ( che plaude o tace sul verdetto), o con la IDV questurina.

“GUERRA ALLA GUERRA”
Non si libera una nuova via, a sinistra, se non si rimuovono i responsabili di quel fallimento e di questa politica, voltando finalmente pagina.
Non ci si può opporre realmente alla logica di classe della sentenza di Genova se non si recupera una logica di classe uguale e contraria. Lo Stato, le classi dominanti, i loro partiti annunciano “un percorso di guerra” contro i lavoratori( e chi si ribella) come ha dichiarato Mario Monti? Vorrà dire che i lavoratori e la nuova generazione debbono promuovere la propria “guerra” alle classi dominanti e a tutti i loro strumenti: sul terreno dell'azione di massa, senza illusioni fallite, e con la stessa radicalità e coerenza mostrate dall'avversario.

BASTA COMPROMESSI E ALLEANZE CON I PARTITI CHE PLAUDONO ALLA SENTENZA DI GENOVA.

PER UN FRONTE UNITARIO DI LOTTA DI TUTTE LE SINISTRE POLITICHE, SINDACALI, ASSOCIATIVE, DI MOVIMENTO, CONTRAPPOSTO A TUTTI I PARTITI DOMINANTI CHE SOSTENGONO MONTI, ATTORNO AD UN PROGRAMMA AUTONOMO E DI SVOLTA.

VIA LE CLASSI DIRIGENTI E TUTTI I LORO STRUMENTI REPRESSIVI: SIANO I LAVORATORI A GOVERNARE E COMANDARE, CON LA PROPRIA FORZA ORGANIZZATA , LA PROPRIA DEMOCRAZIA, LA PROPRIA GIUSTIZIA.

SOLO UNA RIVOLUZIONE PUO' CAMBIARE LE COSE.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

martedì 17 luglio 2012

GENOVA 2001: INGIUSTIZIA E' FATTA !

Ci hanno condannati tutti.
Dieci compagni, che come noi parteciparono alle mobilitazioni contro il G8 di Genova nel 2001, condannati al carcere per pene lunghissime. Dopo i soprusi subiti in quei terribili giorni, ora spezzano definitivamente le loro vite, e questo per educarci, per dimostrarci cosa succede a chiunque voglia continuare a manifestare dissenso e produrre conflitto contro i veri devastatori e saccheggiatori delle nostre vite e dei nostri territori.
Hanno dovuto utilizzare il codice dell’epoca fascista per contestare loro un reato che riportasse “equilibrio” in seguito alle condanne per i massacratori della scuola Diaz. Pene ridicole per chi ha massacrato degli innocenti inermi, nessun colpevole per l’omicidio di Carlo Giuliani e 15 anni per chi ha sfasciato una vetrina, questa la giustizia borghese, dove persino la vetrina di una banca vale più di una vita umana. Ma proprio per questo il conflitto deve continuare, e diventare ogni giorno più alto. Per i dieci compagni che ci hanno rubato, per poterli difendere dalle loro prigioni, per riconquistare le loro e le nostre vite la lotta non si deve fermare.
Undici anni fa eravamo 300mila ad invadere le strade con la ferma determinazione di combattere contro lo scempio che dei governi criminali stavano facendo del nostro futuro, abbiamo lasciato un morto sull'asfalto e molti di noi hanno subito torture e tentati omicidi.
Dopo quei 3 maledetti giorni di luglio, il grande movimento è imploso, abbandonato dai tanti dirigenti e gruppi di sinistra pronti a chiedere scusa per le violenze dei manifesti, proprio nel momento in cui bisognava difendersi dall’atroce attacco subito. Quegli stessi dirigenti che, predicando la non violenza, hanno poi appoggiato un governo guerrafondaio.
Ora è tempo di ricominciare, consapevoli degli errori commessi per non commetterli più, ma animati dalla stessa ferrea volontà di conquistare il nostro futuro. Non possiamo dimenticare le tante vite distrutte da questa esperienza, la lotta continuerà anche per loro.
Nessuna condanna potrà mai fermare i nostri sogni. Liberi subito i compagni condannati!

Maddalena Robin, Enrica Franco

giovedì 22 marzo 2012

L'ARTICOLO 18 NON SI TOCCA NON CONCEDIAMO A MONTI CIO' CHE ABBIAMO NEGATO A BERLUSCONI E'l'ORA DI UNA MOBILITAZIONE STRAORDINARIA PER VINCERE

Testo: "volantino nazionale per fabbriche e scioperi, dopo la rottura tra governo e CGIL"
Dopo aver distrutto per decreto le pensioni di anzianità, il Governo Monti mira al cuore dei diritti del lavoro: il diritto al reintegro se sei licenziato senza giusta causa. Distruggere questo diritto significa non solo moltiplicare senza limite i licenziamenti abusivi, ma anche privare il lavoratore di ogni forza contrattuale per difendere gli altri diritti. A ciò si aggiunge il mantenimento di tutte le forme di precarizzazione del lavoro ( contro le balle che raccontano), e addirittura la drastica riduzione degli ammortizzatori sociali per 4 milioni di lavoratori.
E' un colpo gravissimo, che vuole completare la controriforma sociale degli ultimi 30 anni. Per questo gli industriali, i banchieri, tutta loro stampa, plaudono entusiasti al governo Monti: sentono di avere a portata di mano un potere insperato di arbitrio con cui ingrassare ulteriormente i propri profitti per gareggiare sul mercato con altri pescecani.

Ma la partita in realtà non è “chiusa” come vorrebbe Monti. Può essere riaperta dalla forza di massa di 16 milioni di lavoratori. Se solo quella forza sarà dispiegata.

La CGIL, che pure aveva accettato il tavolo negoziale sui diritti, ha rifiutato alla fine di subordinarsi all'ingiunzione di Napolitano e alle suppliche del PD. E' un bene per tutti i lavoratori. Ma ora non ci si può limitare alla manifestazione del “dissenso”. Occorre mettere in campo una reale forza di massa per piegare l'avversario: una forza uguale e contraria a quella del padronato e del governo.

Lo sciopero generale va promosso da subito, non rinviato e diluito.
Va combinato con una azione di massa ininterrotta, in tutta Italia, capace di bloccare il Paese sino al ritiro delle misure annunciate.
Va congiunto alla convocazione di una assemblea nazionale di delegati eletti, che definisca una piattaforma di lotta unificante di tutto il mondo del lavoro, dei precari, dei disoccupati, che ponga al centro il blocco dei licenziamenti, la ripartizione del lavoro, un grande piano di opere sociali finanziato dalla tassazione progressiva delle grandi ricchezze.
Va infine combinato col boicottaggio aperto di tutti i partiti che sostengono il governo Monti e le sue misure antioperaie ( PD, PDL, UDC): partiti complici a tutti gli effetti della rapina, ieri sulle pensioni oggi sul lavoro.

Solo questa azione di svolta può rovesciare lo scenario di una sconfitta annunciata e drammatica. La CGIL, la FIOM, tutti i sindacati di base, e con essi tutte le sinistre politiche, associative, di movimento, sono chiamati ad unire nell'azione le proprie forze in questo scontro cruciale col governo e con la maggioranza di “unità nazionale” su cui si regge.

Il Partito Comunista dei Lavoratori(PCL),l'unico partito che non ha mai tradito gli operai, è e sarà in prima linea, per la massima generalizzazione e radicalizzazione della lotta. Convinti più che mai che il problema di fondo resta il rovesciamento del capitalismo, che non ha più niente da dare ma solo da togliere. Che solo un governo dei lavoratori può rappresentare una vera alternativa. Che solo una grande ribellione dei lavoratori e dei giovani può aprire la via a questo governo. Che in ogni caso solo questa ribellione può consentire, nell'immediato, la difesa di vecchie conquiste e diritti.

Costruire in ogni lotta immediata il senso di questa prospettiva rivoluzionaria è la ragione stessa del nostro partito. Raccogliere e organizzare nelle sua fila i lavoratori e i giovani più coscienti e più audaci significa rafforzare quella prospettiva di liberazione.


SCIOPERO GENERALE SUBITO

AZIONE DI MASSA PROLUNGATA CHE BLOCCHI l'ITALIA SINO AL RITIRO DELLE MISURE ANNUNCIATE

ASSEMBLEA NAZIONALE DI DELEGATI ELETTI PER DEFINIRE UNA PIATTAFORMA DI LOTTA UNIFICANTE E APRIRE UNA VERTENZA GENERALE DI TUTTO IL MONDO DEL LAVORO, DEI PRECARI, DEI DISOCCUPATI

BOICOTTAGGIO DI TUTTI I PARTITI CHE SOSTENGONO IL GOVERNO E LE SUE MISURE.

VIA IL GOVERNO DELLA CONFINDUSTRIA E DELLE BANCHE. GOVERNINO I LAVORATORI.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

domenica 18 marzo 2012

In memoria della Comune ( LENIN 1911)

Quarantanni sono passati dalla proclamazione della Comune di Parigi. Con comizi e manifestazioni il proletariato francese ha commemorato, come d'uso, gli artefici della rivoluzione del 18 marzo 1871. Negli ultimi giorni di maggio, esso andrà nuovamente a deporre corone sulle tombe dei comunardi fucilati, vittime dell'orribile «settimana di maggio» e a giurare ancora una volta di combattere senza tregua fino al trionfo completo delle loro idee, fino alla completa realizzazione dell'opera che ci hanno affidata.
Perché il proletariato, e non solo il proletariato francese, ma di tutto il mondo, onora negli artefici della Comune di Parigi i suoi precursori? Qual è l'eredità della Comune?
La Comune nacque spontaneamente. Nessuno l'aveva preparata coscientemente e metodicamente. Una guerra disgraziata con la Germania, le sofferenze dell'assedio, la disoccupazione del proletariato, la rovina della piccola borghesia, l'indignazione delle masse contro le classi superiori e contro le autorità, che avevano dato prova di assoluta inettitudine, un fermento confuso nella classe operaia che malcontenta della propria situazione, aspirava a. un nuovo regime sociale, la composizione reazionaria dell'Assemblea nazionale, che suscitava timori per la sorte della Repubblica: tutti questi fattori e molti altri concorsero a spingere il popolo di Parigi alla rivoluzione del 18 marzo. Questa rivoluzione fece passare improvvisamente il potere nelle mani della guardia nazionale, della classe operaia e della piccola borghesia che si era unita agli operai.
Fu un avvenimento senza precedenti nella storia. Fino allora, il potere era stato sempre generalmente nelle mani dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, cioè dei loro uomini di fiducia formanti il cosiddetto governo. Dopo la rivoluzione del 18 marzo, dopo la fuga da Parigi del governo del signor Thiers, delle sue truppe, della sua polizia e dei suoi funzionari, il popolo rimase padrone della situazione e il potere passò al proletariato. Ma, nella società attuale, il proletariato è economicamente asservito al capitale, non può dominare politicamente senza spezzare le catene che lo avvincono al capitale. Ecco perché il movimento della Comune doveva inevitabilmente assumere un colore socialista, tendere cioè all'abbattimento del dominio della borghesia, del dominio del capitale, e alla demolizione delle basi stesse del regime sociale dell'epoca.
All'inizio, il movimento, fu estremamente eterogeneo e confuso. Vi aderirono anche i patrioti con la speranza che la Comune avrebbe ripreso la guerra contro i tedeschi e l'avrebbe condotta a buon fine. Il movimento era anche sostenuto dai piccoli commercianti minacciati da rovina se il pagamento delle cambiali e degli affitti non fosse stato prorogato (ciò che il governo aveva rifiutato di fare e che invece la Comune accordò). Infine, nei primi tempi, il movimento ebbe, in parte, la simpatia dei repubblicani borghesi i quali temevano che l'Assemblea nazionale reazionaria (i «rurali», i rozzi e brutali grandi proprietari fondiari) restaurasse la monarchia. Ma la funzione principale fu evidentemente assolta dagli operai (soprattutto dagli artigiani di Parigi), fra i quali, durante gli ultimi anni del secondo Impero, era stata svolta un'attiva propaganda socialista, e molti appartenevano anche all'Internazionale.
Gli operai furono i soli a restare fino alla fine fedeli alla Comune. I repubblicani borghesi e i piccoli borghesi se ne staccarono presto; gli uni furono spaventati dal carattere proletario, rivoluzionario e socialista del movimento, gli altri si ritirarono quando videro il movimento destinato a una sicura disfatta. Soltanto i proletari francesi sostennero senza paura e senza stanchezza il loro governo Combatterono e morirono per la sua difesa, cioè per la causa dell'emancipazione della classe operaia, per un avvenire migliore di tutti i lavoratori.
Abbandonata dai suoi alleati della vigilia e priva di qualsiasi appoggio, la Comune era destinata alla disfatta. Tutta la borghesia francese, tutti i grandi proprietari fondiari, tutti gli uomini della Borsa, tutti i fabbricanti, tutti i ladri grandi e piccoli, tutti gli sfruttatori, si unirono contro di essa. Questa coalizione borghese, sostenuta da Bismarck (che liberò 100.000 prigionieri di guerra francesi per sottomettere Parigi rivoluzionaria), riuscì a sollevare i contadini ignoranti e la piccola borghesia provinciale contro il proletariato di Parigi e a chiuderne la metà in un cerchio di ferro (l'altra metà era bloccata dall'armata tedesca). In qualche grande città della Francia (Marsiglia, Lione, Saint-Etienne, Digione, ecc.) gli operai tentarono anch'essi di prendere il potere, di proclamare la Comune e di correre in aiuto di Parigi, ma i loro tentativi fallirono rapidamente. E Parigi che, prima, aveva levato lo stendardo dell'insurrezione proletaria, ridotta alle sole sue forze, si trovò votata alla catastrofe inevitabile.
Due condizioni, almeno, sono necessarie perché una rivoluzione sociale possa trionfare: il livello elevato delle forze produttive e la preparazione del proletariato. Nel 1871, queste due condizioni mancavano. Il capitalismo francese era ancora poco sviluppato, e la Francia era ancora un paese prevalentemente piccolo-borghese (di artigiani, contadini, piccoli commercianti, ecc.). D'altra parte, non esisteva un partito operaio, la classe operaia non era né preparata né lungamente addestrata e, nella sua massa, non aveva un'idea chiara dei suoi compiti e dei mezzi per assolverli. Non esistevano né una buona organizzazione politica del proletariato, né grandi sindacati, né associazioni cooperative...
Ma, soprattutto, la Comune non ebbe il tempo, la libertà di orientarsi, e di dar principio alla realizzazione del suo programma. Non aveva ancora potuto mettersi all'opera, e già il governo che sedeva a Versailles, appoggiato da tutta la borghesia, apriva le ostilità contro Parigi. La Comune dovette, prima di tutto, pensare a difendersi. E fino ai suoi ultimi giorni, che vanno dal 21 al 28 maggio, essa non ebbe il tempo di pensare seriamente ad altro.
Del resto, malgrado le condizioni cosi sfavorevoli, malgrado la brevità della sua esistenza, la Comune riuscì a adottare qualche misura che caratterizza sufficientemente il suo vero significato e i suoi scopi. Essa sostituì l'esercito permanente, strumento cieco delle classi dominanti, con l'armamento generale del popolo, proclamò la separazione della Chiesa dallo Stato, soppresse il bilancio dei culti (cioè lo stipendio statale ai preti), diede all'istruzione, pubblica un carattere puramente laico, arrecando un grave, colpo ai gendarmi in sottana nera.
Nel campo puramente sociale, essa potè far poco; ma questo poco dimostra con sufficiente chiarezza il suo carattere di governo del popolo, di governo degli operai. Il lavoro notturno nelle panetterie fu proibito; il sistema delle multe, questo furto legalizzato a danno degli operai, fu abolito; infine, la Comune promulgò il famoso decreto in virtù del quale tutte le officine, fabbriche e opifici abbandonati o lasciati inattivi dai loro proprietari venivano rimessi a cooperative operaie per la ripresa della produzione. Per accentuare il suo carattere realmente democratico e proletario, la Comune decretò che lo stipendio di tutti i suoi funzionari e dei membri del governo non potesse sorpassare il salario normale degli operai e in nessun caso superare i 6000 franchi all'anno (meno di 200 rubli al mese).
Tutte queste misure dimostrano abbastanza chiaramente che la Comune costituiva un pericolo mortale per il vecchio mondo fondato sull'asservimento e sullo sfruttamento. Perciò, finché la bandiera rossa del proletariato sventolava sul Palazzo comunale di Parigi, la borghesia non poteva dormire sonni tranquilli. E quando, infine, le forze governative organizzate riuscirono ad avere il sopravvento sulle forze male organizzate della rivoluzione, i generali bonapartisti, sconfitti dai tedeschi, ma valorosi contro i compatrioti vinti, questi Rennenkampf e Möller-Zakomelski francesi compirono una carneficina quale Parigi non aveva mai visto. Circa 30.000 parigini furono massacrati dalla soldataglia scatenata, circa 45.000 furono arrestati; di questi ultimi molti furono uccisi in seguito; a migliaia furono gettati in carcere e deportati. In complesso, Parigi perde circa 100.000 dei suoi figli, e fra essi i migliori operai di tutti i mestieri.
La borghesia era soddisfatta. «Ora il socialismo è finito per molto tempo», diceva il suo capo, il mostriciattolo sanguinario Thiers, dopo il bagno di sangue che egli e i suoi generali avevano fatto subire al proletariato parigino. Ma i corvi borghesi gracchiavano a torto. Sei anni circa dopo lo schiacciamento della Comune, quando molti dei suoi combattenti gemevano ancora nella galera e nell'esilio, il movimento operaio rinasceva in Francia. La nuova generazione socialista, arricchita dall'esperienza dei suoi predecessori, e per nulla scoraggiata per la loro sconfitta, impugnava la bandiera caduta dalle mani dei combattenti della Comune e la portava avanti con mano ferma e coraggiosa al grido di «Evviva la rivoluzione sociale! Evviva la Comune!». Due-quattro anni più tardi il nuovo partito operaio e l'agitazione che esso scatenava nel paese obbligavano le classi dominanti a restituire la libertà ai comunardi rimasti nelle mani del governo.
Il ricordo dei combattenti della Comune è venerato non solo dagli operai francesi, ma dal proletariato di tutti i paesi. Perché la Comune non combattè per una causa puramente locale o strettamente nazionale, ma per l'emancipazione di tutta l'umanità lavoratrice, di tutti i diseredati e di tutti gli offesi. Combattente avanzata della rivoluzione sociale, la Comune si è guadagnata le simpatie dovunque il proletariato soffre e combatte. Il quadro della sua vita e della sua morte, la visione del governo operaio che prese e conservò per oltre due mesi la capitale del mondo, lo spettacolo della lotta eroica del proletariato e delle sue sofferenze dopo la sconfitta, tutto questo ha rinvigorito il morale di milioni di operai, ha risvegliato le loro speranze, ha conquistato le loro simpatie al socialismo. Il rombo dei cannoni di Parigi ha svegliato dal sonno profondo gli strati sociali più arretrati del proletariato e ha dato ovunque nuovo impulso allo sviluppo della propaganda rivoluzionaria socialista. Ecco perché l'opera della Comune non è morta; essa rivive in ciascuno di noi.
La causa della Comune è la causa della rivoluzione socialista, la causa dell'integrale emancipazione politica ed economica dei lavoratori, è la causa del proletariato mondiale. In questo senso essa è immortale.
Rabociaia Gazieta, n. 4-5, 15 (28) aprile 1911
da Lenin, Opere Complete, vol. 17, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 123-127

Partito Comunista dei Lavoratori

venerdì 2 marzo 2012

Conferenza stampa del Coordinamento Antifascista Salernitano

Oggi, venerdì 2 marzo, presso il bar Umberto si è svolta la conferenza stampa del coordinamento antifascista salernitano, alla quale hanno partecipato rappresentanti di varie realtà: ANPI, l’Associazione culturale Andrea Proto, CSA JAN ASSEN, SINISTRA CRITICA, PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI, SEL, FIOM,PD (segreteria provinciale),Comitato Acqua Pubblica, collettivo Wobbly al fine di sensibilizzare la cittadinanza riguardo la questione dell’antifascismo e delle attività di propaganda fascista svolte da CasaPound a Salerno.
Alla luce dei procedimenti penali in corso nei confronti di alcuni militanti di CPI e in concomitanza della venuta di Gianluca Iannone (responsabile nazionale di CasaPound) è stata sottolineata la pericolosità sociale di questi loschi figuri.
Sono giunte minacce all’indirizzo di alcuni militanti antifascisti con il chiaro intento provocatorio finalizzato a creare un clima di tensione e di odio in città. (vedi foto allegate)
Inoltre sarà presentato un ordine del giorno al consiglio comunale di Salerno dal PD e SEL per ribadire che la nostra città ripudia il fascismo e qualsiasi forma di discriminazione.
Le varie componenti del coordinamento si sono date appuntamento per il 20 marzo ore 15.00 al tribunale di Salerno, quando riprenderà il processo nei confronti di 4 neo-fascisti (tra cui il rappresentante della cultura di CasaPound Salerno) accusati di apologia di fascismo, vilipendio ai partigiani, detenzione di armi bianche e di furto e devastazione del CSA Asilo Politico e che vede come parte civile l’ANPI provinciale e l’Associazione culturale Andrea Proto.

ANPI
Associazione culturale Andrea Proto
CSA JAN ASSEN (ex ASILO POLITICO)
FIOM
SINISTRA CRITICA
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
SEL
PD (segreteria Provinciale)
Comitato Acqua Pubblica Salerno
Collettivo Wobbly

domenica 26 febbraio 2012

Presidio Antifascista

NO AL FASCISMO, SESSISMO E OMOFOBIA! 
FUORI CASA POUND DALLA NOSTRA CITTA’!!!

Il 3 marzo 2012 i neo-fascisti di CasaPound organizzeranno nella nostra città il concerto dei Zeta Zero Alfa band del leader nazionale di CasaPoundItalia. Gli Zetazeroalfa sono un gruppo rock che si rifà alla peggiore ideologia della destra fascista, violenta, xenofoba e omofoba. I titoli di alcune loro . canzoni "Nel dubbio mena" e "Cinghiamattanza" rendono chiaramente l’idea deimessaggi violenti contenuti nei testi e nelle pratiche reali che guidano questo gruppo politici.

I militanti del movimento CasaPound , che tentano invano di spacciarsi per “bravi ragazzi”, giocano sulle contraddizioni: iniziative sociali, dibattiti, convegni sono una maschera per nascondere la vera anima estremista del gruppo. Si sforzano
in ogni modo di respingere le etichette, salvo poi essere i primi a presentarsi, con orgoglio, come i "fascisti del terzo millennio".Camaleontici ma neri!! Quelli che 'nel dubbio mena'.

D'altronde nei confronti del loro responsabile nazionale, Gianluca Iannone, come di alcuni suoi amici salernitani, sono in corso vari procedimenti penali.
A Salerno il portavoce della pseudo-cultura di CasaPound assieme ad altri tre neo-fascisti sono accusati di reati infamanti: apologia di fascismo, vilipendio ai partigiani, istigazione all’odio razziale, furto e devastazione del CSA Asilo Politico e detenzione di armi bianche. Inoltre in più occasioni osteggiavano in pubblica piazza simboli, accessori e atteggiamenti fascisti.

Troppo spesso nella nostra città, come in altre zone d’Italia tali comportamenti sono stati sottovalutati e tollerati. E' arrivato il momento di dire basta e di non abbassare la guardia di fronte a qualsiasi atto di violenza ed intolleranza razziale e fascista!

I recenti fatti di cronaca come l’incendio del campo rom di Torino, l’uccisione dei senegalesi a Firenze (ad opera di un militante di CasaPoundItalia) e le innumerevoli aggressioni non rappresentano casi isolati. Essi sono il frutto di una intolleranza che cova nel nostro paese, alimentata ulteriormente dalla crisi e legittimata anche da alcune forze politiche (partiti di destra, istituzioni ecc.) che anche attraverso finanziamenti pubblici appoggiano e favoriscono le attività di Casa Pound. Il loro scopo è di creare un clima di odio trovando capri espiatori nelle soggettualità più deboli e non tutelate (da sempre bersaglio di logiche nazionaliste, padronali e fasciste) :immigrati, omosessuali, senza tetto e chiunque sia ritenuto diverso, che risulta funzionale a distogliere l'attenzione dai veri problemi della nostra società.
Dobbiamo aspettare ulteriori assassinii o atti di violenza gratuita per reagire?

Sabato 25 Febbraio Presidio Antifascista ore 18.00 p.zza Portanova

No al Razzismo, Si al Lavoro per Tutti!!!

Coordinamento Salerno Antifascista

martedì 31 gennaio 2012

IL CAPITALISMO E' FALLITO IL RIFORMISMO ANCHE COSTRUIAMO IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE

CAMPAGNA DI TESSERAMENTO 2012 DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Guardiamo in faccia la realtà.
Per trentanni le classi dirigenti d'Europa hanno imposto ovunque enormi sacrifici sociali , con l'argomento che avrebbero garantito un futuro migliore ai “giovani”. E' accaduto l'opposto. Le nuove generazioni sono state condannate al precariato, i loro diritti negati, le loro future pensioni distrutte, mentre capitalisti e banchieri si sono arricchiti per decenni come mai in precedenza.

Oggi, di fronte alla grande crisi del capitalismo , le stesse classi responsabili della bancarotta chiedono alle proprie vittime sacrifici ancor più pesanti, con l'argomento che assicureranno l' “uscita dalla crisi” e il “futuro dell'Europa”. Accade l'opposto. Dopo cinque anni la crisi permane , l'Unione Europea delle banche si avvita nella recessione, mentre sprofondano le condizioni di vita dei salariati e di larga parte della popolazione.

La verità è che i lavoratori e la maggioranza della società sono ostaggio di un sistema fallito. Non c'è alcuna possibile via d'uscita dalla crisi sociale dell'Europa senza il rovesciamento delle sue classi dirigenti, in ogni paese e su scala continentale. Tutti i tentativi di aggirare questa verità; tutte le “ricette” e “soluzioni” che vorrebbero conciliare il capitalismo con la “giustizia sociale” sono semplicemente una truffa, comunque si chiamino: “Europa sociale e democratica”, “nuovo modello di sviluppo”, Eurobond”, “riforma della BCE”, “audit” sul debito e sua rinegoziazione”,... Queste evocazioni immaginarie,contro ogni illusione, hanno una sola funzione obiettiva: distogliere gli sfruttati dalla comprensione della realtà; indirizzare le loro speranze di liberazione verso mitologie senza futuro, a tutto vantaggio della conservazione del presente.

La verità è che solo una rivoluzione sociale può fare pulizia.

Perchè solo una rivoluzione sociale può rovesciare la dittatura degli industriali, delle banche, delle compagnie di assicurazione, con quel groviglio inestricabile di sfruttamento, speculazione, corruzione, che domina la vita sociale in ogni suo aspetto , sotto ogni governo, in ogni paese capitalista.

Solo una rivoluzione sociale può concentrare nelle mani dei lavoratori e della maggioranza della società le leve decisive della produzione della ricchezza, della sua distribuzione, della riorganizzazione radicale dell'economia, secondo un piano democraticamente definito dai lavoratori stessi e sotto il loro controllo: in funzione dei bisogni sociali non del profitto di pochi parassiti.

Solo una rivoluzione sociale, e dunque l'avvento di governi dei lavoratori, può unificare il vecchio continente, dal Portogallo alla Russia, negli “Stati Uniti Socialisti” d'Europa: unendo i lavoratori al di là dei confini, ripartendo razionalmente il lavoro, cancellando gli enormi sprechi e gli aspetti odiosi connessi al mercato,al militarismo, alle politiche antimigranti, al saccheggio dell'ambiente; e invece valorizzando quelle ricchezze produttive, scientifiche, tecniche che la crisi capitalista ogni giorno distrugge: ricchezze da porre al servizio della liberazione degli uomini e non del loro sfruttamento.

Il PCL è l'unico partito della sinistra italiana a basarsi su questo programma di rivoluzione: a farne l'asse della propria azione e proposta in ogni lotta; a ricondurre ogni battaglia parziale di movimento, a questa prospettiva generale; a sviluppare controcorrente la coscienza politica delle masse, e della loro stessa avanguardia, in questa direzione.

Aderire al PCL significa rafforzare questo lavoro e prospettiva.

Non esistono scorciatoie rispetto alla necessità di costruire il partito della rivoluzione, in Italia come in ogni altro Paese.
Le esigenze e attese di un vero cambio sociale non saranno risolte dalla pura spontaneità dei movimenti. Né dai gruppi dirigenti di sinistre fallite in eterna attesa di una chiamata del PD. Né da sinistre “antagoniste” puramente “critiche”. Né tanto meno dalle suggestioni equivoche del mondo virtuale di qualche capo comico (Grillo).

Solo un partito organizzato che investa materialmente nella rivolta sociale per darle un progetto e una coscienza può davvero costituire, dopo tante delusioni e fallimenti, un fattore reale di svolta per tutti gli oppressi, di ogni colore e condizione.

Costruirlo, in ogni lotta, è il nostro impegno. Salvaguardare la sua autonomia, estendere le sue radici sociali, organizzare nelle sue fila i lavoratori e i giovani più coscienti, sviluppare la loro formazione, significa lavorare concretamente per il futuro della rivoluzione. Al fianco dei marxisti rivoluzionari di tutto il mondo, nel lavoro di ricostruzione della Quarta Internazionale.

Perchè- come recita la nostra tessera 2012- “solo la rivoluzione cambia le cose”. E' a questa verità che dobbiamo dare un partito: l'unico partito di cui gli sfruttati hanno bisogno.

Marco Ferrando

sabato 21 gennaio 2012

SUL MOVIMENTO DEI FORCONI IN SICILIA PER UN METODO D'APPROCCIO MARXISTA RIVOLUZIONARIO

documento di Marco Ferrando

La crisi del movimento operaio e la pressione sociale della crisi capitalista concorrono, nel loro intreccio, ad allargare il campo d'azione delle classi medie e a favorire un egemonia reazionaria su di esse. E' una dinamica cui stiamo assistendo sul piano nazionale in risposta alle “liberalizzazioni” capitaliste. E' una dinamica che può assumere espressioni diverse e più radicali nel Sud e nelle isole, sullo sfondo di una situazione sociale particolarmente drammatica. La mobilitazione dei pastori e dei commercianti in Sardegna nel 2011, l'attuale “movimento dei forconi” in Sicilia rappresentano al riguardo due esempi diversi e significativi . L'essenziale per i rivoluzionari è non perdere la bussola. Evitando due errori simmetricamente opposti: quello di mettersi alla coda delle classi medie e delle loro leaderschip, sull'onda emotiva della indistinta “rivolta”, o quello di attestarsi su una posizione di disinteresse passivo per lo scontro in atto, nel nome del carattere piccolo borghese e non proletario delle mobilitazioni. La linea del marxismo rivoluzionario non può essere né subalterna, né puramente “sindacalista”: deve saper combinare l'autonomia irrinunciabile delle ragioni di classe e del programma comunista, con la logica dell'egemonia proletaria sugli strati inferiori delle classi medie in funzione della rivoluzione socialista. Combinare queste due istanze è sempre molto complesso. Ma complessa è per l'appunto la politica rivoluzionaria. Tanto più per un piccolo partito come il nostro.

LA NATURA DI CLASSE DEL “MOVIMENTO DEI FORCONI”
Partiamo dall'analisi del movimento in atto in Sicilia: della sua natura sociale, dell'economia dei rapporti politici al suo interno, della sua dinamica.

Il “movimento dei forconi” in Sicilia è nato come movimento piccolo borghese. Alla sua testa sono classi proprietarie della città e della campagna ( padroncini dell'autotrasporto, piccola proprietà contadina, pescatori ..). Naturalmente all'interno di questi ceti proprietari vi è una rilevante stratificazione sociale: diverso è lo status del padrone di una piccola flotta di pescherecci e quello del padrone di una piccola imbarcazione, tra un agricoltore facoltoso e il proprietario di un piccolo appezzamento, tra chi sfrutta lavoratori salariati e chi no.

Le ragioni sociali del movimento si riassumono nell'impoverimento legato alla crisi drammatica dell'isola entro la più generale crisi capitalista: crollo dei commerci, aumento del prezzo della benzina, peso “insopportabile” dei mutui bancari, chiusura dei canali di credito, aumento della pressione fiscale, crisi del sostegno clientelare del governo regionale e dei margini tradizionali di scambio politico/ elettorale con i partiti al potere.
Le sue rivendicazioni egemoni sono quelle classiche della piccola borghesia impoverita: riduzione delle tasse ( IVA), ripresa delle facilitazioni regionali promesse ( e in tempi di crisi “tradite”), ripresa del credito.
Il suo linguaggio è segnato dalla contrapposizione apparente alle classi dirigenti nazionali e isolane nel nome della denuncia della “classe politica” e della rivolta contro di essa.
I suoi metodi sono quelli dell'azione diretta: a partire dal blocco delle vie di comunicazione e delle ferrovie.

In questo contesto hanno trovato una collocazione naturale e un ruolo di direzione organizzazioni, associazioni, soggetti politici o parapolitici reazionari: il partito di Zamparini ( padrone del Palermo), il giro di Morsello a Marsala ( allevatore, ex assessore socialista poi apparentato con Lombardo, oggi tra gli sponsor di Roberto Fiore), il cosiddetto “partito delle aziende”, settori del MPA , e persino forze fasciste come Forza Nuova: che sta investendo nazionalmente questa esperienza come fattore di propria costruzione. Insomma: le forze politiche della reazione, in concorrenza tra loro, si disputano l'egemonia sul blocco delle classi medie, che sono la loro storica base sociale.


IL PCL NON E' PARTE DI QUESTO MOVIMENTO
Il nostro partito ha scelto di non essere parte di QUESTO movimento, nei suoi assetti e composizione originaria . Il fatto che ad esso abbiano aderito qua o là elementi o gruppi di sinistra ( come nel caso di un paio di centri sociali palermitani) non muta di per sé la natura del movimento dei forconi. Semmai misura lo stato di disorientamento e confusione a sinistra.

C'è una differenza importante col movimento dei pastori sardi del 2011. Quel movimento dei pastori entrò nel varco aperto dalle lotte operaie della Sardegna ( Alcoa, Eurallumina, Polo chimico) dentro la dinamica di un possibile blocco sociale alternativo ( cui si contrapposero non a caso le direzioni piccolo borghesi del movimento dei pastori). In Sicilia il movimento dei forconi si è levato dopo la drammatica sconfitta del movimento operaio isolano e sullo sfondo di una sua sostanziale passività.

Il fatto che un blocco politico e sociale reazionario cerchi di dare la PROPRIA traduzione di classe al disagio sociale della popolazione siciliana non solo non va rimosso ma dev'essere apertamente denunciato e contrastato. Va detta la verità: l'immobilità delle direzioni nazionali del movimento operaio e della sinistra di fronte alla crisi, la sconfitta del movimento operaio isolano ( Termini Imerese) per responsabilità preminenti delle sue direzioni, il peggiore trasformismo della tradizionale “sinistra” siciliana e dei suoi epigoni liberali ( PD), hanno aperto la strada a forze reazionarie. E' un classico dei tempi di crisi: se il movimento dei lavoratori non dà la propria soluzione alla crisi, sono le forze reazionarie che si candidano a farlo sul proprio versante di classe.

PER LA RIPRESA DEL MOVIMENTO DI CLASSE IN SICILIA
Ma proprio per questo il PCL non solo non può disimpegnarsi dall'intervenire sui temi sociali del movimento dei forconi, ma deve indicare la necessità di dare uno sbocco di classe e anticapitalista alla crisi sociale siciliana: che è l'unico modo di contrastare la deriva in corso, sottrarre i settori proletari al pericolo dell'egemonia reazionaria, ricomporre e favorire un ALTRO movimento, su un ALTRA prospettiva. Di più. Il nostro partito deve entrare nella frattura sociale prodotta dal movimento dei forconi per spingere all'azione altri soggetti popolari e di classe: soggetti sino ad oggi rimasti ai margini della scena ma il cui ingresso in campo potrebbe segnare una svolta decisiva per lo sviluppo e l'indirizzo della rivolta popolare.

Il primo terreno d'intervento è quello della ripresa di una mobilitazione indipendente dei lavoratori salariati della Sicilia, nel settore privato come nel settore pubblico e dei servizi. Senza una ripresa del movimento di classe ogni prospettiva alternativa è impossibile. Nel 1970 una grande rivolta popolare guidata dai fascisti di Ciccio Franco scosse Reggio Calabria. Fu l'avanzata del movimento operaio su scala nazionale e nel meridione a riassorbire l'urto ed ad affermare un egemonia alternativa del proletariato sulle domande popolari del Sud. E' una lezione che va recuperata. Tanto più in un contesto sociale e storico assai più difficile.

Va articolata una piattaforma di vertenza unificante che possa aggregare tutti i lavoratori, i precari, i disoccupati dell'isola. Una piattaforma che parta dall'opposizione radicale ai tagli sociali del governo nazionale e regionale; rivendichi la difesa e ripartizione del lavoro, con la occupazione delle aziende che licenziano e il loro coordinamento regionale ( la mancata occupazione di Fiat Termini Imerese due anni fa ha pesato e pesa drammaticamente sul movimento operaio isolano e nazionale); rivendichi la difesa degli ospedali in via di smantellamento, con azioni di occupazione popolare delle strutture minacciate ( in Puglia nel 2004 la difesa popolare degli ospedali fu un formidabile traino di radicalizzazione di massa); faccia l'inventario ( città per città, paese per paese) delle spese pubbliche necessarie per risollevare la condizione dei servizi sociali dell'isola ( scuole, ferrovie, trasporti regionali, asili, servizio idrico, assetto geologico del territorio) definendo a questo scopo un grande piano di opere sociali che possa dare lavoro ai disoccupati siciliani, e che sia pagato dalle grandi ricchezze; rivendichi l'assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari e un vero salario sociale per i disoccupati in cerca di lavoro...(Il documento congressuale nazionale offre molti spunti possibili per l'articolazione di una proposta rivendicativa e di mobilitazione per il Sud e le isole. Le nostre sezioni siciliane, che già intervengono su molti fronti, possono fare un lavoro prezioso di elaborazione al riguardo).

Questa proposta rivendicativa, una volta definita, va avanzata formalmente a tutte le sinistre isolane ( politiche, sindacali, di movimento) come terreno di fronte unico d'azione. E in ogni caso va assunta come nostro strumento di intervento in ogni situazione possibile ( luoghi di lavoro, comitati territoriali, strutture di movimento...) e come oggetto di nostra presentazione pubblica ( conferenze stampa, campagne elettorali..). Si tratta di articolare la nostra campagna sull'asse della nostra politica generale: solo una prospettiva rivoluzionaria, solo un governo dei lavoratori può realizzare un programma di vera svolta per gli sfruttati.

SOSTENERE E GENERALIZZARE L'INGRESSO IN LOTTA DEGLI STUDENTI SICILIANI
Parallelamente dobbiamo sviluppare un nostro intervento diretto tra gli studenti e i giovani. E' oggi una questione centrale. La prima irruzione di lotta - in queste ore- di significativi settori studenteschi in tutta la Sicilia PUO' essere il segno d'avvio di una svolta di eccezionale importanza per la dinamica del movimento, tanto più se combinata con la defezione di alcuni settori padronali dell'autotrasporto. Dobbiamo entrare con tutte le nostre forze in questa contraddizione nuova, inserendoci a fondo nel movimento studentesco, sostenendo l'indicazione della occupazione generale delle scuole ( già emersa in alcuni settori di studenti), e avanzando le nostre parole d'ordine indipendenti: a partire dalla rivendicazione di un piano di rinascita della scuola siciliana contro i tagli delle finanziarie nazionali e locali, finanziato dal rifiuto del debito pubblico verso le banche ( “Fondi alle scuole non ai banchieri!”). Questo intervento tra gli studenti può essere un ponte prezioso per l'intervento sul mondo del lavoro. Infatti proprio l'intervento tra gli studenti in lotta ci consente di immettere nel movimento la nostra proposta generale di vertenza generale unificante tra lavoratori, studenti ,disoccupati, nella prospettiva di un cambio di pelle della rivolta siciliana, e dunque di un cambio di egemonia sociale sulla rivolta.

PER UN INTERVENTO ANTICAPITALISTA SULLA CRISI SOCIALE DELLA PICCOLA BORGHESIA
In questo quadro generale dobbiamo anche dire che il movimento operaio (e studentesco) siciliano non deve limitarsi alla difesa delle proprie ragioni sociali. Deve cercare di offrire una risposta generale alla crisi più vasta della popolazione povera della Sicilia, e della stessa piccola borghesia isolana, fornendole una sponda politica e sociale alternativa.

Questo è un punto importante della nostra politica. Non siamo sindacalisti, siamo comunisti. Non ci limitiamo alla difesa immediata dei salariati. Li vogliamo alla testa di un blocco sociale alternativo in funzione della rivoluzione socialista. Ciò che significa dare una risposta rivoluzionaria a tutte le forme di oppressione sociale: anche a quelle vissute dagli strati inferiori delle classi medie. E' l'impostazione che Trotsky rivendica nel programma di Transizione ( “Le sezioni della IV Internazionale devono elaborare..programmi di rivendicazioni transitorie per i contadini e la per la piccola borghesia cittadina, a seconda della condizione di ciascun paese. Gli operai avanzati devono imparare a dare risposte chiare e concrete agli interrogativi dei loro futuri alleati..”). Ed è l'impostazione che è tanto più attuale nel momento della crisi capitalista, nel momento in cui la dittatura del capitale finanziario minaccia le stesse acquisizioni tradizionali della piccola borghesia, provocandone la disgregazione e disponendola a reazioni radicali.

La nostra proposta programmatica deve lavorare a condurre la piccola borghesia ad una conclusione di fondo: tutte le sue esigenze di fondo sono incompatibili con la preservazione del capitalismo in crisi. Non si tratta di recuperare vecchi privilegi contro i lavoratori ( magari in materia fiscale o contrattuale),o di illudersi di poter ripiegare in una dimensione separatista o “microeconomica”: perchè queste soluzioni, al di là di ogni illusione, lascerebbero i piccoli proprietari nelle grinfie del capitale finanziario e della sua crisi. Solo rompendo col capitale finanziario, in alleanza e sotto la direzione dei salariati, è possibile uscire dalla crisi.

Proprio i temi della crisi siciliana delle classi medie offrono uno spunto rilevante a questa impostazione.
Le banche prendono per il collo decine di migliaia di piccoli commercianti, artigiani, contadini, con tassi da usura, con affitti esorbitanti, con la negazione del credito. Solo la nazionalizzazione delle banche e la loro unificazione in un unica banca pubblica sotto controllo sociale può tagliare quel cappio, liberarli dai debiti contratti verso i banchieri, e assicurare loro il credito necessario.
I petrolieri, le grandi aziende agricole, le industrie alimentari, i centri della grande distribuzione- cui le banche non hanno mai rifiutato il credito e di cui spesso sono comproprietarie- impongono ai piccoli proprietari prezzi insostenibili , al solo scopo di incrementare i propri profitti. Solo la nazionalizzazione delle grandi imprese e della grande distribuzione può consentire un controllo popolare sulla stessa formazione dei prezzi, la definizione di prezzi amministrati, l'avvio di un economia democraticamente pianificata liberata dalle incognite ( e dalle angosce) del mercato.
Così in materia fiscale. Per decenni lo Stato borghese e le pubbliche amministrazioni hanno coperto e favorito l'evasione fiscale della piccola borghesia in funzione antiproletaria per ottenerne voti e favori. Oggi lo stesso Stato borghese accresce la pressione fiscale sulla piccola proprietà ( oltre che in primo luogo sul lavoro dipendente) per pagare gli interessi alle banche, cioè agli oppressori dei piccoli proprietari. I circoli reazionari propongono ai piccolo borghesi la nostalgia del privilegio della vecchia evasione antisociale. Al contrario, noi dobbiamo rivendicare l'abolizione del debito pubblico verso le banche ( attraverso la loro nazionalizzazione) come unica via di liberazione fiscale dei piccolo proprietari, chiamandoli a pagare regolarmente per una società liberata non per i banchieri strozzini.

Per tutto questo dobbiamo presentare l'alleanza sociale col mondo del lavoro come interesse stesso degli strati inferiori delle classi medie: perchè solo quel blocco sociale può rovesciare il capitale finanziario, i suoi governi, i suoi partiti, liberando la piccola borghesia impoverita dalla rovina.
Per questo dobbiamo apertamente CONTRAPPORCI alle leaderschip reazionarie del movimento dei forconi. Alle loro suggestioni ideologiche “piccolo proprietarie” ( la microeconomia), alle loro mitologie populiste ( la “Nazione” al di sopra delle classi), ai loro traffici sottotraccia coi governi nazionali o locali ( Lombardo) magari in vista delle prossime elezioni.

RIVOLUZIONE O REAZIONE

Queste considerazioni generali non rimuovono la necessità di un monitoraggio costante dell'evoluzione della situazione, ai fini del nostro intervento. Né risolvono i problemi pratici di scelta nelle situazioni locali. Semplicemente cercano di indicare un metodo complessivo cui fare riferimento.

Siamo oggi a un possibile snodo in Sicilia.
Noi abbiamo scelto di non accodarci al movimento piccolo borghese dei Forconi. E abbiamo fatto bene. Ma SE il “movimento dei forconi” dovesse fare obiettivamente da stura ad una reale sollevazione popolare dell'isola aprendo il varco all'irruzione sull'arena del mondo del lavoro e delle masse studentesche e giovanili, allora è evidente che ci troveremmo di fronte ad un ALTRO movimento e a un ALTRA dinamica. Noi lavoriamo esattamente per questa prospettiva.

Forza nuova sta agendo per fare del movimento dei Forconi la leva di una rivolta popolare reazionaria, in Sicilia, nel Sud, in Italia. Il PCL, nei limiti delle sue forze, lavora per la prospettiva esattamente opposta: entrare nel varco aperto dalla rivolta dei forconi in funzione della rivolta sociale contro la dittatura degli industriali e delle banche; della sua estensione e propagazione a partire dal meridione e dalle isole; dell'egemonia di classe e anticapitalista sulla rivolta popolare ; della prospettiva generale del governo dei lavoratori.

Di certo, al di là delle sue particolarità, la vicenda siciliana sta misurando il salto di qualità dello scontro sociale sullo sfondo di una drammatica crisi capitalista. E' l'avvisaglia dei tempi nuovi che si preparano. Reazione e rivoluzione torneranno a confrontarsi, come in tutte le epoche storiche di crisi. Le sinistre riformiste o centriste saranno costrette alla balbuzie. I comunisti rivoluzionari faranno sino in fondo il proprio dovere. Come oggi stanno facendo, egregiamente, i nostri compagni siciliani.


MARCO FERRANDO