martedì 31 maggio 2011

LA SCONFITTA DI BERLUSCONI E' RAGIONE DI GIOIA. LA VITTORIA DI PISAPIA E DE MAGISTRIS NON MERITA ILLUSIONI. VIA BERLUSCONI, MA PER UNA VERA ALTERNATIVA.

La sconfitta di Berlusconi nelle elezioni amministrative di Milano e Napoli non poteva essere più clamorosa. Il governo più reazionario che l'Italia abbia conosciuto dall'epoca di Tambroni ha visto sfaldarsi la propria base di consenso, nel Nord e nel Sud. Milioni di lavoratori, di precari, di giovani chiedono apertamente di voltare pagina.

Ora il governo se ne deve andare. Chi per anni ha evocato falsamente la “volontà del popolo” come propria base di legittimazione e di arbitrio è oggi condannato dallo stesso verdetto invocato. Deve solo sgomberare il campo. La pretesa di Berlusconi di restare in sella, col sostegno di deputati corrotti, al solo scopo di evitare la galera, è tanto più oggi insopportabile. E va denunciata come provocazione. I prossimi referendum su acqua, nucleare, legittimo impedimento, possono e debbono dare un nuovo colpo a tale pretesa.

Dopo significative incertezze, le “opposizioni” liberali ( PD e UDC) “chiedono” formalmente le dimissioni del governo. Ma di fatto si rassegnano alla sua continuità. In realtà cercano di guadagnare tempo per preparare l'ennesima soluzione d'alternanza con cui rimpiazzare il Cavaliere. Una soluzione benedetta da Confindustria, banche, Vaticano e per questo aperta a tutti i peggiori trasformismi parlamentari. Una soluzione che chiami i lavoratori alla nuova annunciata stagione di “sacrifici” imposta da quella grande finanza europea che tutti i liberali assumono da sempre come oracolo e bussola.

Le sinistre politiche e sindacali hanno un compito esattamente opposto: promuovere la più ampia mobilitazione di massa che imponga le dimissioni immediate di Berlusconi, per aprire la via di un'alternativa vera. Un'alternativa che liberi l'Italia dalla dittatura di Confindustria, banche e Vaticano, per rimpiazzarla con un governo dei lavoratori. Un governo che faccia pagare la crisi a chi non ha mai pagato, blocchi i licenziamenti, dia un salario ai disoccupati, abolisca tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, nazionalizzi senza indennizzo e sotto controllo operaio tutte le aziende che licenziano, inquinano, causano morti sul lavoro, violano i diritti sindacali. Un governo che costruisca insomma un nuovo ordine di società.

Questa alternativa non passa per Pisapia e De Magistris, per le coalizioni col PD e con i poteri forti, industriali e bancari, subito saliti sul carro dei vincitori, per partecipare ai banchetti dell'Expo e suddividersi la torta degli affari. La stessa esperienza concreta di queste coalizioni e dei loro sindaci dissolverà tante illusioni a sinistra tra i lavoratori e i giovani: dimostrando ancora una volta le ragioni di chi, dall'inizio, pur essendo in prima fila contro Berlusconi e i suoi candidati- anche attraverso l'indicazione di voto nei ballottaggi- ha tuttavia rifiutato di accodarsi al carro liberale, ha mantenuto la propria indipendenza dal centrosinistra, si è collocato all'opposizione delle sue giunte.

L'alternativa vera si costruisce in piena autonomia dalle classi dirigenti del Paese. Si costruisce rompendo con tutti i loro partiti e governi. Si costruisce nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle piazze, unendo milioni di lavoratori, di precari, di giovani, in una grande mobilitazione indipendente capace di andare davvero sino in fondo.

“Fare in Italia come in Tunisia e in Egitto”, è oggi più di ieri, la parola d'ordine del momento. Per cacciare Berlusconi-Mubarak. Per aprire dal basso una prospettiva nuova. Centinaia di migliaia di giovani, in Spagna e in Grecia, hanno occupato strade e piazze, richiamandosi all'esempio nordafricano, per chiedere una svolta della propria condizione. Anche in Italia l'indignazione può e deve trasformarsi in mobilitazione di massa, rompendo vecchie liturgie e imponendo il linguaggio dell'azione diretta, della ribellione e della forza.

Nei giorni scorsi, i lavoratori della Fincantieri a Genova e a Castellamare hanno dato un segnale importante, a difesa della propria dignità, contro le leggi del capitale e del suo Stato. E' un segnale che va raccolto e generalizzato. Perchè sia la classe operaia a porsi alla testa della giovane generazione e a regalarle un'altra società e un altro futuro.

MARCO FERRANDO

mercoledì 25 maggio 2011

UNIFICARE LA LOTTA OCCUPARE GLI STABILIMENTI FINCANTIERI

La Fincantieri, dopo mesi di annunci e smentite sul futuro degli stabilimenti, ha annunciato il suo piano aziendale. Il tutto dopo aver messo migliaia di lavoratori diretti in cassa integrazione ed estromesso migliaia di lavoratori delle ditte di appalto dagli stabilimenti, spesso senza il riconoscimento degli ammortizzatori sociali. L'amministratore delegato Giuseppe Bono ha avuto l'ardire di definire “piano anticrisi” quella che è con tutta evidenza una dichiarazione di guerra sociale contro i lavoratori di Fincantieri.

Il piano aziendale prevede la chiusura degli stabilimenti di Castellammare di Stabia, di Sestri Ponente e di Riva Trigoso, tre su otto stabilimenti presenti nel Paese; il licenziamento di 2.551 su 8500 lavoratori diretti. Di questi oltre un migliaio di esuberi (1125) verranno spalmati nei rimanenti stabilimenti del gruppo (Palermo, Muggiano, Marghera, Ancona, Monfalcone). E' evidente che se questo piano verrà attuato, migliaia saranno i lavoratori delle ditte di appalto in tutto il paese che perderanno il posto di lavoro.

Il piano aziendale, oltre alle chiusure degli stabilimenti e al licenziamento dei lavoratori, prevede un drastico ridimensionamento dei diritti ed aumento dello sfruttamento dei lavoratori. Questo attraverso una riorganizzazione del lavoro in linea con quanto applicato da Marcchionne nel gruppo Fiat.

Questo piano aziendale va respinto integralmente, non c'è nulla da trattare. Non può esservi negoziato su un piano di annientamento di questa portata. Non si può scaricare sui lavoratori la crisi capitalistica di sovrapproduzione che investe il settore, ne i lavoratori della cantieristica italiana possono accettare la loro messa in concorrenza con i lavoratori della cantieristica di altri paesi del mondo (Stati Uniti d'America, Germania, Francia, Polonia, Corea del Sud).

I lavoratori dello stabilimento di Ancona già il 22 aprile hanno occupato, in segno di protesta, i binari della stazione ferroviaria per rivendicare la certezza del posto di lavoro. Dopo l'annuncio del piano aziendale i lavoratori di Genova e di Castellammare hanno dato una prima risposta. Ora si tratta di svilupparla ed estenderla, il piano aziendale può essere respinto solo unificando la forza di mobilitazione dei lavoratori di tutti gli stabilimenti.

I lavoratori giustamente stanno rivolgendo la loro rabbia e indignazione contro la direzione aziendale e contro il governo, a Genova il corteo operaio si è rivolto verso la Prefettura, a Castellammare è stato occupato il Municipio.

Proprio a partire da questa consapevolezza operaia, riteniamo necessario superare l'attuale frammentazione delle vertenze azienda per azienda, fabbrica per fabbrica. Per questo chiediamo alla Fiom di creare un vero coordinamento dei lavoratori della Fincantieri, di unificare ed estendere la mobilitazione, con l'occupazione immediata di tutti gli stabilimenti minacciati.

In ogni caso il Partito Comunista dei Lavoratori interverrà con questa proposta di lotta radicale tra i lavoratori. Solo la forza operaia può strappare risultati.
Nessun stabilimento deve essere chiuso, nessun lavoratore deve essere licenziato. Il lavoro deve essere ridistribuito tra tutti i lavoratori, anche attraverso la riduzione, a parità di salario, dell'orario di lavoro.

Partito Comunista dei Lavoratori

venerdì 20 maggio 2011

NELLE PIAZZE, COME IN SPAGNA

Il vento del nord Africa si affaccia in Europa. Mentre le sinistre italiane chiedono un patto di governo al PD, amico dei banchieri, decine di migliaia di giovani spagnoli occupano le piazze contro il governo Zapatero, contro le banche, contro tutti i partiti dominanti,rivendicando apertamente l'esempio tunisino ed egiziano. La campagna che abbiamo promosso per “Fare in Italia come in Tunisia e in Egitto” trova un clamoroso riscontro. Per questo partecipiamo questa sera a tutte le iniziative di mobilitazione promosse in solidarietà coi giovani di Spagna: a Roma, Torino,Milano, Napoli, Bologna,Padova, Palermo. Ovunque il PCL rilancerà le parole d'ordine della rivolta sociale contro la dittatura del profitto. Cacciare Berlusconi è il primo comandamento, anche attraverso i ballottaggi e il referendum. Ma la vera alternativa a Berlusconi passa per le piazze non per le urne.

Marco Ferrando

giovedì 12 maggio 2011

PER UNA PALESTINA LIBERA E PER UN MEDIO ORIENTE SOCIALISTA

L’attuale situazione in Palestina costituisce per i marxisti rivoluzionari un passaggio fondamentale per porre e proporre una serie di rivendicazioni transitorie che leghino la lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese alla conquista del potere della classe operaia palestinese.
Nel 2004 AMR Progetto comunista ( corrente della sinistra del PRC ossatura fondante del PCL) scriveva a riguardo della questione palestinese: “… Come da sempre le prospettive della rivoluzione palestinese sono difficili. E sempre di più dovrebbe essere evidente che la soluzione positiva per i palestinesi deve essere cercata nello sviluppo, accanto all’Intifada, di una lotta più ampia nel Medio Oriente. Una lotta contemporaneamente contro il sionismo, l’imperialismo e i suoi agenti borghesi e feudo-borghesi; per una soluzione socialista in Palestina e nel Medio Oriente in generale. Questa è l’unica prospettiva che potrebbe avere la forza per vincere il sionismo e i suoi padroni imperialisti, realizzando le legittime aspirazioni nazionali (ma anche sociali) del popolo palestinese.”
Questa analisi auspicabile poneva, oggi ancora più attuale, la prospettiva della liberazione del popolo palestinese all’interno di una cornice di rivoluzione nel Magreb. IL vento delle rivoluzioni arabe può essere un nuovo detonatore sociale per la questione palestinese. I marxisti rivoluzionari da internazionalisti si oppongono da sempre al nazionalismo, in tutte le salse, che offre soltanto la prospettiva di rovesciare i termini dell’oppressione. L'unica soluzione per il popolo palestinese è la rottura del recinto capitalistico. La via di salvezza per i palestinesi e per la minoranza di lingua ebraica è una rivoluzione proletaria e una federazione socialista del Medio Oriente.
Le proposte di risoluzione sul conflitto palestinese dei vari imperialismi, dagli Usa a quelli europei , non solo ( e del loro braccio diplomatico Onu “ Un covo di briganti” come definiva Lenin la SDN padre dell’odierna Onu) sono finte e servono unicamente a tutelare i propri interessi geopolitici in quell’aria, ma sono anche il frutto della più brutale astrazione geografica che non pone soluzione.
La morte di Arrigoni- una doccia fredda per noi tutti che ci opponiamo all’oppressione sionista in Medio Oriente- ha dimostrato ancora una volta lo squallore politico del governo Italiano. IL silenzio sulla tragica vicenda da parte del governo ( e delle opposizioni democratiche) è un fatto. A questo silenzio i poteri forti italiani hanno sommato il proprio sostegno, per bocca di Berlusconi, al regime coloniale d’Israele e il ripudio all’umanitaria missione di Freedom Flotilla ( Berlusconi “bloccheremo la Freedom Flotilla”). Tutto questo rende, oggi più che mai, il nostro impegno a favore del popolo palestinese e della sua lotta prioritario.
Come trotskysti lottiamo per dirigere le masse verso la rivoluzione socialista. Ma non pretendiamo di imporre le nostre specifiche soluzioni a tutti i problemi. In Palestina, al momento della vittoria rivoluzionaria, sarà il popolo palestinese – con la sua libera autodeterminazione e con il rispetto dei diritti del popolo ebraico – a decidere.
• Per la sconfitta del sionismo e del­l’im­perialismo;
• No ai compromessi bidone, rivoluzione fino alla vittoria;
• Per la mobilitazione delle masse arabe contro Israele e l’imperialismo;
• Per l’abbattimento dello Stato sionista di Israele; per i pieni diritti democratici del popolo ebraico in Palestina come minoranza nazionale, nel quadro dell’unità del Medio O­riente;
• Per una federazione socialista del Medio Oriente e del Nordafrica


PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

mercoledì 4 maggio 2011

OLTRE LO SCIOPERO DEL 6 MAGGIO: PER UNA VERA AZIONE DI FORZA CONTRO PADRONATO E BERLUSCONI

I lavoratori stanno subendo l'attacco più pesante di tutto il secondo dopoguerra: sul terreno sociale, per mano della Fiat e del padronato; sul terreno politico, per mano di un governo reazionario che domina un Parlamento di nominati e di corrotti.

Eppure le “opposizioni” liberali ( a partire dal PD) si limitano al chiacchiericcio. Volendo rimpiazzare Berlusconi con un governo gradito a Marchionne e Bankitalia, non solo non possono mobilitare le masse, ma finiscono col sostenere la Fiat contro i lavoratori e col salvare il governo in votazioni cruciali ( come sulla guerra libica e sul federalismo antioperaio).

Mentre la direzione della CGIL, che pur “denuncia” il governo, continua a ricercare una riconciliazione col padronato e con i sindacati asserviti di CISL e UIL. Cercando di offrire per questa via una sponda utile alle “opposizioni” liberali e alle loro relazioni coi padroni.

Le sinistre politiche ( SEL e FDS), dal canto loro, a parole difendono il lavoro, nei fatti si accodano (“criticamente”) ai liberali: continuando a sognare assessorati, ministeri, o addirittura premierati ( a fianco degli avversari “democratici” dei lavoratori).

Qual'è la risultante di questa catena di Sant'Antonio? Da un lato la sopravvivenza di Berlusconi, addirittura incoraggiato dall'impotenza delle opposizioni al peggiore affondo reazionario anticostituzionale. Dall'altro la continuità dell'offensiva padronale contro la FIOM e gli stessi diritti sindacali: un'offensiva che non si può contrastare, isolatamente, fabbrica per fabbrica, senza una risposta complessiva- come la Fiom ha fatto sinora- se non al prezzo, prima o poi, di gravi arretramenti sullo stesso terreno della resistenza ( V. ex Bertone).

Il Partito Comunista dei Lavoratori dice che non si può andare avanti così. Che questa deriva suicida va arrestata, prima che sia troppo tardi. Che è possibile farlo in un solo modo: mettendo in campo, unitariamente e sino in fondo, tutta la forza del mondo del lavoro, dei precari, degli studenti, delle donne. Cioè opponendo alla forza avversaria una forza eguale e contraria. In una mobilitazione che non si limiti ad evocare buone ragioni, ma punti a piegare la resistenza dell'avversario. Ossia a vincere.

PER QUESTO diciamo che lo sciopero generale del 6 Maggio non solo va esteso- come già hanno fatto diverse categorie- ma dev'essere l'inizio di una vera svolta di lotta che miri a bloccare l'Italia: con una mobilitazione di massa, radicale, prolungata, che rivendichi innanzitutto il blocco dei licenziamenti, la piena difesa del contratto nazionale di lavoro, l'abrogazione delle leggi di precarizzazione, un salario dignitoso per i disoccupati.

PER QUESTO diciamo, sul piano politico più generale, che “occorre fare come in Tunisia e in Egitto”: con la preparazione di una grande marcia nazionale, operaia e popolare, su Palazzo Chigi per imporre a Berlusconi le dimissioni. Con l'assedio prolungato dei palazzi del potere sino alla caduta del governo.

PER QUESTO abbiamo rivolto e rivolgiamo un appello a tutte le sinistre, politiche, sindacali, di movimento, a favore di una svolta di lotta, unitaria e radicale: una svolta impossibile senza rompere ogni compromissione col PD e con tutti i portavoce “democratici” degli industriali e dei banchieri.

In ogni caso questa nostra campagna- che va registrando ogni giorno di più un consenso crescente- continuerà senza incertezze nei luoghi di lavoro, nelle organizzazioni sindacali e di massa, nei movimenti di lotta, nei confronti politici ed elettorali. Senza altro interesse che non sia lo sviluppo di una sollevazione sociale contro le classi dirigenti del Paese, in direzione un'alternativa di società: in cui a comandare siano finalmente i lavoratori e non i loro sfruttatori.

Governino i lavoratori, non gli industriali e i banchieri!
La costruzione quotidiana del Partito comunista dei Lavoratori- che si va progressivamente estendendo- è al servizio di questo progetto di liberazione.

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INVITIAMO TUTT* I/LE COMPAGN* A PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONI CHE SI TERRA' A NAPOLI.

TRA LE FILA DELLO SPEZZONE DEL PCL CI SARA' OLTRE AL CANDIDATO SINDACO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI PER IL COMUNE DI NAPOLI, CIRO FORMISANO, IL PORTAVOCE NAZIONALE MARCO FERRANDO.

RINGRAZIAMO I/LE COMPAGNE/E DELLA SEZIONE DI NAPOLI PER L'ORGANIZZAZIONE.




Sezione Provinciale di Salerno - Partito Comunista dei Lavoratori