Trasmissioni elettorali mediaset
venerdì 29 aprile 2011
martedì 26 aprile 2011
NO ALLA GUERRA LIBICA DI BERLUSCONI, NAPOLITANO, BERSANI
Cento anni fa fu il liberale Giolitti a bombardare la Libia, col plauso del nazionalismo più reazionario e l'opposizione del Partito Socialista. Oggi è il governo Berlusconi, col plauso del PD, e la benedizione di Napolitano.
I vecchi alleati del regime di Gheddafi non bombardano la Libia “per difendere i civili” ma per difendere il proprio posto al sole nell'annunciata spartizione delle spoglie di quel paese. Non bombardano “a difesa della rivoluzione” ma per ipotecare il suo esito politico e bloccare la sua propagazione.
A sua volta il governo di Bengasi si affida ai bombardieri d'occidente anche per ottenere l'investitura politica delle vecchie potenze coloniali: in contraddizione profonda, di fatto, con le aspirazioni di liberazione sociale della giovane generazione libica e della sua rivoluzione.
Sia la rivoluzione libica a regolare i conti con Gheddafi, col necessario sostegno politico e militare dei popoli arabi! Non i bombardieri occidentali, per i propri fini neocoloniali, contro i popoli arabi e la loro rivoluzione.
Il sostegno che Napolitano e il PD annunciano all'escalation di guerra smentisce una volta di più ogni possibile illusione nei vertici istituzionali o nel liberalismo borghese: che ancora una volta garantiscono a Berlusconi una copertura decisiva, persino sulla guerra, al solo scopo di accreditarsi presso gli ambienti dominanti- interni e internazionali- come affidabili successori di governo.
La rottura col PD da parte di tutte le sinistre- da Vendola a Ferrero- diventa non solo un dovere morale, ma la condizione necessaria per opporsi seriamente a Berlusconi , puntare alla sua cacciata, battersi per un'alternativa vera.
I vecchi alleati del regime di Gheddafi non bombardano la Libia “per difendere i civili” ma per difendere il proprio posto al sole nell'annunciata spartizione delle spoglie di quel paese. Non bombardano “a difesa della rivoluzione” ma per ipotecare il suo esito politico e bloccare la sua propagazione.
A sua volta il governo di Bengasi si affida ai bombardieri d'occidente anche per ottenere l'investitura politica delle vecchie potenze coloniali: in contraddizione profonda, di fatto, con le aspirazioni di liberazione sociale della giovane generazione libica e della sua rivoluzione.
Sia la rivoluzione libica a regolare i conti con Gheddafi, col necessario sostegno politico e militare dei popoli arabi! Non i bombardieri occidentali, per i propri fini neocoloniali, contro i popoli arabi e la loro rivoluzione.
Il sostegno che Napolitano e il PD annunciano all'escalation di guerra smentisce una volta di più ogni possibile illusione nei vertici istituzionali o nel liberalismo borghese: che ancora una volta garantiscono a Berlusconi una copertura decisiva, persino sulla guerra, al solo scopo di accreditarsi presso gli ambienti dominanti- interni e internazionali- come affidabili successori di governo.
La rottura col PD da parte di tutte le sinistre- da Vendola a Ferrero- diventa non solo un dovere morale, ma la condizione necessaria per opporsi seriamente a Berlusconi , puntare alla sua cacciata, battersi per un'alternativa vera.
Partito Comunista dei Lavoratori
lunedì 25 aprile 2011
UN NUOVO 25 APRILE PER CACCIARE BERLUSCONI E APRIRE LA VIA PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI
Il 25 aprile del 1945, la sollevazione partigiana chiuse la pagina buia del fascismo nella speranza di una vera alternativa di società: che liquidasse le classi dirigenti del Paese e aprisse la via del potere dei lavoratori. I governi di unità nazionale tra Togliatti e De Gasperi, con la benedizione degli Usa e di Stalin, realizzarono un programma opposto: la ricostruzione del capitalismo italiano. Fu il tradimento della Resistenza.
Da allora tutte le stagioni di lotta del movimento operaio sono state subordinate dalle sinistre alla salvaguardia del capitalismo e delle sue classi dominanti. Prima col compromesso storico con la Dc, che liquidò la grande pagina del 68; poi, dopo l'89, con la subordinazione alla seconda Repubblica, la partecipazione alla distruzione delle conquiste sociali e all'arretramento dei diritti democratici. Il Berlusconismo è lo sbocco ultimo di questo percorso: il prezzo che milioni di lavoratori e di giovani hanno pagato e pagano a questa politica suicida.
Ora si tratta davvero di voltare pagina. La lotta per rovesciare Berlusconi non può ripercorrere vecchi sentieri. Deve puntare a rovesciare la “democrazia” degli industriali e dei banchieri e realizzare la democrazia dei lavoratori: quella per cui si batterono, di fatto, le giovani generazioni partigiane.
Peraltro solo i metodi della sollevazione popolare possono davvero cacciare Berlusconi, aprendo la via ad un alternativa di società. Siamo di fronte al governo più reazionario che l'Italia abbia conosciuto dal 1960. Eppure le opposizioni liberali (PD,UDC)- attratte da Montezemolo e Marchionne- si limitano alle chiacchiere parlamentari, quando addirittura non salvano il governo col proprio voto ( come sulla guerra o il federalismo). E le sinistre cosiddette “radicali” ( Sel e Fds) continuano ad andar dietro ai liberali, nella speranza di qualche assessore o futuro ministro. Il risultato? Berlusconi non solo galleggia ma radicalizza, giorno dopo giorno, la propria arroganza reazionaria.
E' il momento di una svolta. Per questo il PCL si appella a tutte le sinistre, politiche, sindacali, di movimento, e a tutto l'associazionismo democratico perchè si faccia “come in Tunisia e in Egitto”: perchè si esca dalla routine di una opposizione ordinaria e impotente e si avvii una mobilitazione straordinaria, radicale, prolungata,con una grande marcia nazionale, operaia e popolare, su Palazzo Chigi che assedi i palazzi del potere e imponga a Berlusconi le dimissioni ( V. il Sito..).
La celebrazione del 25 Aprile va riaffidata alla forza delle masse: per una lotta che questa volta vada davvero sino in fondo.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Facciamo come in Egitto e Tunisia
Intervento di Marco Ferrando su "il manifesto"
Come volevasi dimostrare. Ogni giorno che passa conferma una volta di più sia l'ipocrisia delle cosiddette opposizioni parlamentari, sia l'illusione di una liquidazione giuridica del Cavaliere. Il Partito democratico ha letteralmente salvato il governo dalle sue contraddizioni votando prima la guerra in Libia (di cui anzi è primo condottiero), e poi il federalismo regionale di Bossi e Calderoli, col pubblico ringraziamento della Lega.
Parrallelamente il Sultano bonaparte trasforma le aule di tribunale in tribune comizianti: sino a mobilitare la propria base contro le opposizioni. Siamo al punto che il governo recita la parte dell'opposizione, e l'opposizione la parte del governo: col risultato che il governo (vero) sopravvive o addirittura si rafforza, e l'opposizione (finta) si condanna all'impotenza (pur di compiacere Bankitalia e attendere la sua investitura).
I lavoratori, i giovani, le donne, che hanno animato in questi mesi le piazze dell'opposizione sociale, non hanno nulla a che sparire con questo gioco suicida sulla loro pelle.
La verità è che possono contare solo sulle proprie forze. Prenderne coscienza e liberarsi da ogni illusione: questa è la loro necessità.
Perchè solo una grande spallata popolare può fare piazza pulita del governo Berlusconi, accantonare opposizioni farsa, aprire la via di un'alternativa vera, che sgombri il campo da sfruttamento, malaffare, xenofobia.
Per questo il PCL continua la propria campagna nazionale
“fare in Tunisia e in Egitto”: chiedendo con forza a tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, di liberarsi dall'abbraccio paralizzante del Pd e di unire la propria forza in una mobilitazione straordinaria che abbia il coraggio di provare a vincere. Continueremo a portare questo appello in tutte le occasioni di confronto e in tutte le manifestazioni di massa: sociali, politiche, democratiche, contro la guerra.
Ovunque si respiri la volontà di svolta e di riscatto.
Il successo della nostra campagna, la quantità di adesioni in continua crescita che sta registrando, dimostra che un'avanguardia larga di lavoratori e di giovani è disposta a porre fine allo spirito di rassegnazione e cerca la via della ribellione sociale e politica. Il Partito Comunista dei Lavoratori non ha altro scopo che il loro. Ed è determinato ad andare sino in fondo.
Marco Ferrando Portavoce nazionale PCL
Come volevasi dimostrare. Ogni giorno che passa conferma una volta di più sia l'ipocrisia delle cosiddette opposizioni parlamentari, sia l'illusione di una liquidazione giuridica del Cavaliere. Il Partito democratico ha letteralmente salvato il governo dalle sue contraddizioni votando prima la guerra in Libia (di cui anzi è primo condottiero), e poi il federalismo regionale di Bossi e Calderoli, col pubblico ringraziamento della Lega.
Parrallelamente il Sultano bonaparte trasforma le aule di tribunale in tribune comizianti: sino a mobilitare la propria base contro le opposizioni. Siamo al punto che il governo recita la parte dell'opposizione, e l'opposizione la parte del governo: col risultato che il governo (vero) sopravvive o addirittura si rafforza, e l'opposizione (finta) si condanna all'impotenza (pur di compiacere Bankitalia e attendere la sua investitura).
I lavoratori, i giovani, le donne, che hanno animato in questi mesi le piazze dell'opposizione sociale, non hanno nulla a che sparire con questo gioco suicida sulla loro pelle.
La verità è che possono contare solo sulle proprie forze. Prenderne coscienza e liberarsi da ogni illusione: questa è la loro necessità.
Perchè solo una grande spallata popolare può fare piazza pulita del governo Berlusconi, accantonare opposizioni farsa, aprire la via di un'alternativa vera, che sgombri il campo da sfruttamento, malaffare, xenofobia.
Per questo il PCL continua la propria campagna nazionale
“fare in Tunisia e in Egitto”: chiedendo con forza a tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, di liberarsi dall'abbraccio paralizzante del Pd e di unire la propria forza in una mobilitazione straordinaria che abbia il coraggio di provare a vincere. Continueremo a portare questo appello in tutte le occasioni di confronto e in tutte le manifestazioni di massa: sociali, politiche, democratiche, contro la guerra.
Ovunque si respiri la volontà di svolta e di riscatto.
Il successo della nostra campagna, la quantità di adesioni in continua crescita che sta registrando, dimostra che un'avanguardia larga di lavoratori e di giovani è disposta a porre fine allo spirito di rassegnazione e cerca la via della ribellione sociale e politica. Il Partito Comunista dei Lavoratori non ha altro scopo che il loro. Ed è determinato ad andare sino in fondo.
Marco Ferrando Portavoce nazionale PCL
Tratto da "Il Manifesto" del 21-04-2011
venerdì 15 aprile 2011
UN BARBARO ASSASSINIO
Il sequestro e assassinio di Vittorio Arrigoni da parte delle squadracce più reazionarie dell'integralismo islamico a Gaza, è un autentica infamia. Tanto più perchè realizzato contro un compagno da sempre impegnato in prima linea, con la massima generosità e il massimo coraggio, al fianco del popolo palestinese contro i crimini del sionismo: crimini che Vittorio ha sempre denunciato e documentato contro ogni silenzio e complicità, sino a fare di questa denuncia una ragione di vita. Questo assassinio barbaro rafforza la nostra determinazione a lottare per la piena autodeterminazione del popolo palestinese, contro lo Stato sionista e contro ogni forma di panislamismo integralista. Ai familiari di Vittorio e a tutti i suoi compagni ed amici, a partire dalla redazione de Il Manifesto, il cordoglio più sentito e un forte abbraccio.
Partito Comunista dei Lavoratori
lunedì 11 aprile 2011
BORGHESIA IPOCRITA E ASSASSINA
Il cartello “Maroni assassino” esibito da un deputato IDV in Parlamento -e subito censurato da “democratici” e Di Pietro con tanto di scuse pietose a Maroni- è sbagliato solo per difetto. Non è solo un singolo ministro, per quanto reazionario, il responsabile della tragica morte in mare di 250 migranti, ma le politiche securitarie che da 20 anni tutte le forze di governo hanno promosso, quale che fosse il loro colore politico, tanto in Italia quanto in Europa.
Da 20 anni tutti i partiti dominanti hanno sventolato la bandiera della xenofobia. Da 20 anni milioni di uomini e di donne in fuga dalla fame o dalla morte, o comunque alla ricerca di una vita migliore, sono stati presentati come inaccettabili invasori o come ospiti indesiderati: al solo fine di lucrare sulla loro emarginazione coll'uso del ricatto sociale e dell'umiliazione quotidiana; di fomentare disperate guerre tra poveri a tutto vantaggio delle classi dominanti, dirottando sui bersagli più facili la crescente frustrazione sociale di ampie fasce popolari colpite dalla crisi; di costruire a basso costo le fortune elettorali ( e i seggi dorati) di partiti xenofobi, o recuperi di consenso “drogato” da parte di cinici governi in calo di credibilità.
Sbarramenti, respingimenti, segregazioni, rimpatri, sono stati il linguaggio di questa politica . Le distinzioni hanno riguardato solamente le sue confezioni culturali: tra chi la ricopre di “raccomandazioni umanitarie” e chi invoca il “fuori dalle palle”. Ma l'obiettivo di fondo è comune: liberarsi di una “eccedenza”, scoraggiare con tutti i mezzi nuovi approdi, imprigionare in centri di segregazione invivibili chi è riuscito ad approdare in attesa di poterlo espellere e rinviarlo alla sua “prigione” di provenienza.
La guerra contro la cosiddetta “clandestinità”è il manto che veste questa politica. La guerra alla “clandestinità” è la guerra bipartisan del nostro tempo, in Italia, in Francia, in Spagna, sotto i Sarkosy e i Berlusconi come sotto i Prodi e i Zapatero. La sua cifra è il più volgare capovolgimento della verità e persino del significato semantico delle parole. Nulla infatti è meno clandestino di chi si imbarca a viso scoperto e alla luce del sole su disperati mezzi di fortuna, alla ricerca pubblica e dichiarata di una nuova vita di dignità e di lavoro, dopo anni di stenti, di fame o di guerre. La sua riduzione a “clandestino” è esattamente il risultato di chi gli nega il diritto di approdo, di un permesso di soggiorno, di libertà di movimento, al solo scopo di legittimare il suo sfruttamento, la sua segregazione, il suo respingimento.
Questa politica, come i fatti dimostrano, è del tutto impotente ad “impedire” nuovi sbarchi ed approdi, oggi come ieri: per il semplice fatto che nessun sbarramento, minaccia, divieto può abolire il diritto naturale ed universale ad una nuova vita, né il coraggio di chi la ricerca. Tanto più in un contesto di crisi sociale e di guerra. L'unico effetto pratico, sicuramente efficace, è invece criminogeno. Costringendo i migranti ad aggirare gli impedimenti, li costringono a rinunciare ad ogni sicurezza, a ricorrere alle vie più disperate, a mettersi nelle mani di trafficanti ( i famigerati “scafisti”) che sono i primi veri beneficiari delle politiche dei governi “democratici” che li.. “condannano”.
Sono 23.000 i migranti assassinati in 20 anni da queste politiche nel Mar Mediterraneo. I 250 di qualche giorno fa sono solo purtroppo gli ultimi tragici “arrivi”.
L'ipocrisia criminale della borghesia raggiunge oggi il suo apice. Il Nord Africa è segnato da grandi rivoluzioni popolari contro regimi odiosi e dispotici sostenuti per decenni dai governi europei di ogni colore. La cacciata di questi regimi ha indebolito gli accordi criminali da essi stipulati con i governi europei in ordine al blocco dell'immigrazione. Peraltro il diritto all'espatrio ha rappresentato una delle rivendicazioni democratiche della ribellione giovanile contro i Ben Alì, i Mubarak, i Gheddafi. Ora gli stessi governi europei che hanno finto di “salutare” positivamente nel nome della “libertà” le rivoluzioni che hanno spodestato i loro amici, chiedono ai nuovi governi arabi di conservare o ripristinare la negazione della libertà di espatrio. Cioè di assicurare la continuità coi vecchi banditi spodestati, in cambio di soldi e di armi. E per di più fanno questo nel momento stesso in cui il loro intervento di guerra in Libia, finalizzato al recupero del controllo politico sulla regione contro le rivoluzioni arabe, spinge grandi masse di somali, eritrei, subsahariani – da tempo supersfruttate in Libia da società occidentali- verso una emigrazione tanto disperata quanto inevitabile. I 250 morti in mare erano non a caso in larga misura eritrei. Anche per questo l'impronta del loro assassino è inconfondibile: è quella dell'imperialismo italiano, francese, inglese, americano, e delle loro bombe.
Per tutto questo, mentre le opposizioni liberali o dipietriste si “scusano” vergognosamente col ministro Maroni per un “involontario sgarbo”, il Partito Comunista dei Lavoratori rivolge contro il governo, la Lega e tutti partiti dominanti la rivendicazione “Fuori dalle palle”: solo un governo dei lavoratori, italiani e migranti, potrà restituire libertà e dignità ad ogni oppresso e mettere in galera i suoi oppressori. E i suoi assassini.
Da 20 anni tutti i partiti dominanti hanno sventolato la bandiera della xenofobia. Da 20 anni milioni di uomini e di donne in fuga dalla fame o dalla morte, o comunque alla ricerca di una vita migliore, sono stati presentati come inaccettabili invasori o come ospiti indesiderati: al solo fine di lucrare sulla loro emarginazione coll'uso del ricatto sociale e dell'umiliazione quotidiana; di fomentare disperate guerre tra poveri a tutto vantaggio delle classi dominanti, dirottando sui bersagli più facili la crescente frustrazione sociale di ampie fasce popolari colpite dalla crisi; di costruire a basso costo le fortune elettorali ( e i seggi dorati) di partiti xenofobi, o recuperi di consenso “drogato” da parte di cinici governi in calo di credibilità.
Sbarramenti, respingimenti, segregazioni, rimpatri, sono stati il linguaggio di questa politica . Le distinzioni hanno riguardato solamente le sue confezioni culturali: tra chi la ricopre di “raccomandazioni umanitarie” e chi invoca il “fuori dalle palle”. Ma l'obiettivo di fondo è comune: liberarsi di una “eccedenza”, scoraggiare con tutti i mezzi nuovi approdi, imprigionare in centri di segregazione invivibili chi è riuscito ad approdare in attesa di poterlo espellere e rinviarlo alla sua “prigione” di provenienza.
La guerra contro la cosiddetta “clandestinità”è il manto che veste questa politica. La guerra alla “clandestinità” è la guerra bipartisan del nostro tempo, in Italia, in Francia, in Spagna, sotto i Sarkosy e i Berlusconi come sotto i Prodi e i Zapatero. La sua cifra è il più volgare capovolgimento della verità e persino del significato semantico delle parole. Nulla infatti è meno clandestino di chi si imbarca a viso scoperto e alla luce del sole su disperati mezzi di fortuna, alla ricerca pubblica e dichiarata di una nuova vita di dignità e di lavoro, dopo anni di stenti, di fame o di guerre. La sua riduzione a “clandestino” è esattamente il risultato di chi gli nega il diritto di approdo, di un permesso di soggiorno, di libertà di movimento, al solo scopo di legittimare il suo sfruttamento, la sua segregazione, il suo respingimento.
Questa politica, come i fatti dimostrano, è del tutto impotente ad “impedire” nuovi sbarchi ed approdi, oggi come ieri: per il semplice fatto che nessun sbarramento, minaccia, divieto può abolire il diritto naturale ed universale ad una nuova vita, né il coraggio di chi la ricerca. Tanto più in un contesto di crisi sociale e di guerra. L'unico effetto pratico, sicuramente efficace, è invece criminogeno. Costringendo i migranti ad aggirare gli impedimenti, li costringono a rinunciare ad ogni sicurezza, a ricorrere alle vie più disperate, a mettersi nelle mani di trafficanti ( i famigerati “scafisti”) che sono i primi veri beneficiari delle politiche dei governi “democratici” che li.. “condannano”.
Sono 23.000 i migranti assassinati in 20 anni da queste politiche nel Mar Mediterraneo. I 250 di qualche giorno fa sono solo purtroppo gli ultimi tragici “arrivi”.
L'ipocrisia criminale della borghesia raggiunge oggi il suo apice. Il Nord Africa è segnato da grandi rivoluzioni popolari contro regimi odiosi e dispotici sostenuti per decenni dai governi europei di ogni colore. La cacciata di questi regimi ha indebolito gli accordi criminali da essi stipulati con i governi europei in ordine al blocco dell'immigrazione. Peraltro il diritto all'espatrio ha rappresentato una delle rivendicazioni democratiche della ribellione giovanile contro i Ben Alì, i Mubarak, i Gheddafi. Ora gli stessi governi europei che hanno finto di “salutare” positivamente nel nome della “libertà” le rivoluzioni che hanno spodestato i loro amici, chiedono ai nuovi governi arabi di conservare o ripristinare la negazione della libertà di espatrio. Cioè di assicurare la continuità coi vecchi banditi spodestati, in cambio di soldi e di armi. E per di più fanno questo nel momento stesso in cui il loro intervento di guerra in Libia, finalizzato al recupero del controllo politico sulla regione contro le rivoluzioni arabe, spinge grandi masse di somali, eritrei, subsahariani – da tempo supersfruttate in Libia da società occidentali- verso una emigrazione tanto disperata quanto inevitabile. I 250 morti in mare erano non a caso in larga misura eritrei. Anche per questo l'impronta del loro assassino è inconfondibile: è quella dell'imperialismo italiano, francese, inglese, americano, e delle loro bombe.
Per tutto questo, mentre le opposizioni liberali o dipietriste si “scusano” vergognosamente col ministro Maroni per un “involontario sgarbo”, il Partito Comunista dei Lavoratori rivolge contro il governo, la Lega e tutti partiti dominanti la rivendicazione “Fuori dalle palle”: solo un governo dei lavoratori, italiani e migranti, potrà restituire libertà e dignità ad ogni oppresso e mettere in galera i suoi oppressori. E i suoi assassini.
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