Per la stessa ragione i comunisti, e persino i coerenti democratici, non hanno nulla da celebrare il 17 Marzo. Il Risorgimento che noi rivendichiamo è quello che perse: quello dell'insurrezione popolare delle 5 giornate di Milano del 1848 poi disarmata dall'esercito sabaudo; quello della Rivoluzione repubblicana a Roma del 1849, poi affogata nel sangue dalle truppe francesi chiamate da Papa Pio IX ; ma soprattutto quello che cercò, di connettere la battaglia risorgimentale ad una prospettiva di liberazione sociale degli sfruttati e degli oppressi, contro la borghesia liberale e lo stesso campo democratico mazziniano.
Due nomi risaltano tra i tanti militanti e dirigenti del risorgimento popolare che volevano quello sbocco alla liberazione d’ Italia: Filippo Buonarroti e Carlo Pisacane.
Il primo, compagno in Francia di Gracco Babeuf nell’organizzare il primo tentativo di rivoluzione comunista della storia (“La congiura degli Uguali” del 1796),fu il principale organizzatore ed dirigente fino alla sua morte nel 1837 delle società segrete “giacobine rivoluzionarie” in tutta Europa. In Italia ciò si espresse in quella che fu, fino allo sviluppo della democratico piccolo borghese Giovane Italia Di Mazzini, la più importante società segreta “carbonara”: i “Sublimi Maestri Perfetti”, il cui terzo e massimo grado implicava il giuramento dell’impegno alla realizzazione dell’uguaglianza sociale con l’abolizione della proprietà privata.
Il secondo, Carlo Pisacane, l’eroe dello sfortunato tentativo di Sapri del 1857, che lottò per la costruzione di un partito “socialista rivoluzionario” in Italia, dichiarando di non preferire i Savoia agli Asburgo e polemizzando contro il repubblicanesimo democratico di Mazzini e la sua parola d’ordine “Dio e popolo”, in nome della lotta tra le classi e della rivoluzione sociale.
I tempi storici erano allora immaturi per la vittoria di quei generosi tentativi. Ma essi prefigurarono nelle pieghe del Risorgimento il futuro del movimento operaio rivoluzionario italiano: quello di Antonio Gramsci e del Partito Comunista D'Italia del 1921.
Per questo, solo un governo dei lavoratori che liberi l'Italia dalle attuali classi dominanti potrà recuperare il filo storico del comunismo risorgimentale e dei suoi eroici pionieri. Portando al potere il risorgimento sconfitto. Realizzando sino in fondo le sue migliori aspirazioni sociali , democratiche, anticlericali. Riscattando nel concreto la memoria di chi già allora diede la propria vita non per una dittatura degli industriali e degli agrari, ma per una rivoluzione sociale, per una “Dittatura rivoluzionaria per instaurare la perfetta Uguaglianza” (Buonarroti); per una “terribile rivoluzione, la quale cambiando l’ordine sociale metterà a profitto di tutti ciò che ora riesce a profitto di alcuni” (Pisacane) .
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Comitato Esecutivo