martedì 18 ottobre 2011

Dichiarazione del Partito Comunista dei Lavoratori in merito al comunicato approvato dalla maggioranza delle organizzazioni del Forum Sociale Italiano sulla manifestazione del 15 ottobre.

Il Partito Comunista dei Lavoratori ha partecipato alla riunione del Forum Sociale Italiano svoltasi a Roma il 16 ottobre. In tale riunione le organizzazioni presenti, tutte promotrici della manifestazione del 15 ottobre e componenti del Comitato creato “ad hoc” insieme ad altre organizzazioni non facenti parte del Forum Sociale, hanno affrontato la discussione sulla valutazione degli avvenimenti occorsi nel quadro della manifestazione stessa.
A conclusione di tale discussione la maggioranza delle organizzazioni presenti ha deciso di stendere un breve testo di bilancio e di proporlo alle principali strutture aderenti al Comitato per il 15 ottobre non presenti alla riunione.
Il Partito Comunista dei Lavoratori ha espresso il proprio dissenso dal testo proposto.
Anche a prescindere da elementi di metodo (una ipotesi di dichiarazione sul 15 ottobre da parte del Comitato avrebbe comportato la convocazione di una sua riunione per permettere a tutti di esprimere ed argomentare le proprie posizioni) il PCL ha divergenze di merito.
In realtà la risposta di buona parte delle strutture contattate è stata, a partire in particolare dalle questioni di metodo suindicate - ma non solo - negativa. Ciò ha portato i proponenti del testo a retrocedere all’ipotesi di firmarlo solo come Forum Sociale.

Come PCL manteniamo ovviamente le divergenze di merito e le indichiamo qui sotto.
L’analisi sociale del movimento ne dà una versione semplificata e retorica: come al solito il movimento mondiale è “nuovo” e gli elementi di continuità e di collegamento con la lotta di classe e fenomeni di insorgenza rivoluzionaria come, pur con tutte le loro contraddizioni, i processi rivoluzionari nel mondo arabo, sono obnubilati.

Il PCL critica quelle forze, non proprio insignificanti, che hanno portato avanti nel corso del corteo azioni violente talvolta isolate, politicamente inutili e controproducenti. Tale condanna è tanto più netta nella misura in cui è apparso evidente che, almeno per i settori più politicamente coscienti di tali forze, uno degli scopi della loro azione era quello di far saltare la manifestazione come prevista, per opporsi con una manovra, invece che con il confronto politico o la diversa pratica di azione, ad alcuni tra i principali promotori; da questo la scelta di dirigersi nella loro azione verso Piazza San Giovanni e non verso i centri del potere politico ed economico.

Ricordiamo tuttavia, pur in questo quadro di verità, che settori di coloro che vengono definiti “black block” sono una delle tante componenti del movimento di massa di questi anni: sono stati in azione non solo il 15, ma in molte altre occasioni recenti, in Italia, in Valsusa, in quasi tutti i paesi europei, in primis la Grecia (con azioni a volte anche gravemente negative). L’importanza di tali azioni nel quadro complessivo di manifestazioni e lotte è stata in generale inversamente proporzionale alla chiarezza e radicalità dell’azione della massa dei manifestanti e delle loro organizzazioni.

Chi ha veramente “ violentato la manifestazione e impedito il diritto di parola” come afferma il comunicato non sono stati i “black block”, ma le forze repressive dello stato, che in piazza San Giovanni hanno attuato un criminale assalto con caroselli di blindati a forte velocità. La massa del primo pezzo del corteo ha reagito con forza a tale azione criminale. Il PCL è pienamente solidale con la resistenza della piazza, cui non ha potuto partecipare direttamente per il solo fatto che la sua collocazione concordata poneva il suo spezzone (e quello del Fronte Unico del 1° Ottobre) in fondo al gigantesco corteo, lontano da Piazza San Giovanni.

Infine e soprattutto, noi riteniamo che vi sia una responsabilità oggettiva negli avvenimenti in relazione alle scelte rinunciatarie della quasi totalità degli organizzatori della manifestazione.
Noi avevamo proposto nelle riunioni preparatorie che il corteo rivendicasse apertamente il diritto di sfilare sotto i palazzi del potere politico ed economico, rivendicandone la cacciata, cosa che avviene nella maggioranza dei paesi del mondo (la manifestazione svoltasi pacificamente ad Atene ha potuto passare di fronte al parlamento greco, e ciò nonostante precedenti ripetutiti scontri in quel luogo, compreso, alcuni mesi fa, un tentativo di occupazione di massa). E di fronte a un rifiuto di tale diritto democratico, tentare di superarlo con un azione di massa, come si è fatto, però in maniera spontanea e confusa, il 14 dicembre da parte dei giovani e degli studenti (con la partecipazione dei compagni del PCL presenti); addossando con ciò la responsabilità di quanto poteva accadere al governo. Sarebbe stata una giornata difficile, ma avrebbe marginalizzato eventuali azioni di violenza stupida (contro auto, vetrine, etc) e le avrebbe anche rese più difficili.

Ci permettiamo di aggiungere che noi avevamo compreso le conseguenze del rifiuto opposto alla nostra proposta. Scrivevamo infatti, in una dichiarazione pubblica 20 giorni prima del 15, il 25 settembre queste parole: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a rivendicare il diritto a marciare verso i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di spianare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre” (PCL ,25/9). Non tenere conto di quanto dicevamo ha favorito il caos.

Infine aggiungiamo, di fronte alle notizie di azioni repressive dello stato contro settori anarchici e dell’autonomia, quali che siano le differenze generali e specifiche che abbiamo con questi settori, noi ci pronunciamo in solidarietà con essi contro lo stato borghese, quello della precarietà, dei licenziamenti, delle guerre. Se il ribellismo spontaneista prepolitico e antimarxista è un avversario politico nella sinistra, il nostro nemico è il capitalismo e il suo stato. Tra i due non siamo indifferenti


Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 17 ottobre 2011

SULLA MANIFESTAZIONE DEL 15 OTTOBRE: UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA APRE IL VARCO A PRATICHE IMPOLITICHE E NICHILISTE

La manifestazione nazionale del 15 Ottobre a Roma ha visto una grande partecipazione di massa, una vasta presenza di giovani, un diffuso senso comune “anticapitalista”. Ma la sua dinamica è stata distorta da un impostazione politica sbagliata del coordinamento che ha promosso ed organizzato il corteo: un'impostazione che rinunciando ad indirizzare il movimento sul terreno del confronto politico col potere, ha finito con l'amplificare lo spazio di pratiche, impolitiche e nichiliste, avulse da una logica di massa.

LA RESPONSABILITA' DI UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA

Quando proponevamo una manifestazione indirizzata verso i palazzi del potere, rivendicavamo non solo il diritto a una pratica diffusa a livello internazionale, ed in particolare europeo; non solo un'iniziativa politica corrispondente alla particolare gravità della situazione italiana, alla natura particolarmente reazionaria del suo governo, alle responsabilità bipartisan nel sostegno alle banche da parte delle “opposizioni” parlamentari; ma anche perciò stesso un'iniziativa di massa capace di segnare politicamente il terreno centrale dello scontro, di unificare e tradurre su quel terreno la domanda diffusa di un corteo “radicale” e non convenzionale, di emarginare per questa via iniziative “fai da te” del tutto estranee allo sviluppo reale del movimento.
Avevamo avvisato i naviganti: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a rivendicare il diritto a marciare verso i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di spianare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre” (PCL, 25/9/2011)
Purtroppo, siamo stati facili profeti. La scelta maggioritaria di una manifestazione rituale, nel nome del “realismo” e della scelta “pacifica”, ha ignorato la realtà e non ha garantito “la pace”. Ha semplicemente lasciato campo libero a chi ha cercato come terreno di scontro non la contrapposizione politica al potere, non lo sviluppo della radicalità del movimento e della sua coscienza politica, ma l'esercizio pratiche isolate e nichiliste, a danno del movimento di massa.

CONTRO LO STATO E LA SUA REPRESSIONE

Sia chiaro: la nostra critica del vandalismo muove non dalla logica delle questure, ma dall'interesse della rivoluzione. L'avversario fondamentale dei lavoratori, dei giovani, delle loro lotte, non sono i cosiddetti black block, ma il capitalismo e il suo stato.
Non siamo pacifisti, e in ogni caso manteniamo la misura della realtà. La violenza consumata contro auto in sosta o contro le vetrine di negozi - per quanto del tutto inutile e demenziale- resta infinitamente minore della violenza consumata quotidianamente nello sfruttamento di milioni di uomini e di donne, nella segregazione dei migranti, o nelle missioni di guerra. Per questo non parteciperemo mai ai cori sdegnati “contro la violenza” di un ministro degli interni secessionista e xenofobo, o di un centrosinistra amico dei banchieri strozzini, o di un Nichi Vendola che sino a ieri “votava” i bombardamenti in Afghanistan. Noi stiamo dall'altra parte della barricata. In uno scontro tra apparato dello stato e migliaia di giovani di diversa estrazione (ben altro che i cosiddetti gruppi black block), come quello avvenuto a S. Giovanni, noi stiamo incondizionatamente dalla parte dei giovani e della loro resistenza, indipendentemente dalle cause d'innesco dello scontro. Come facemmo il 14 dicembre di un anno fa, contro ogni scandalismo perbenista. Ed oggi respingiamo la campagna repressiva del governo, sostenuta dal Pd e da Di Pietro, contro la cosiddetta area antagonista: indipendentemente dalla distanza politica grande che ci separa dalle posizioni di quest'area, non solo rifiutiamo ogni solidarietà con lo stato delle banche, delle bombe, dei blindati, ma difenderemo ogni compagno/a che sia vittima della sua repressione. Contro ogni posizione di disimpegno o addirittura di neutralità presente nella sinistra e nel movimento stesso.

CONTRO IL VANDALISMO, MA DAL VERSANTE DELLA RIVOLUZIONE. 14 DICEMBRE E 15 OTTOBRE

Ma tutto ciò non significa affatto ignorare le differenze e farci trascinare dalla suggestione mitologica dello scontro fine a sé stesso. Scontri di piazza apparentemente simili per intensità possono assumere infatti significati diversi (e prestarsi a diverse percezioni di massa), a seconda della loro dinamica.
Il 14 dicembre di un anno fa, nelle ore successive al salvataggio parlamentare di Berlusconi, una massa di giovani compagni si diresse spontaneamente verso Montecitorio, scontrandosi con la violenza poliziesca, ed esercitando il proprio diritto all'autodifesa. Quello scontro si sviluppò sul terreno politico della contrapposizione al potere, brandì una rivendicazione democratica comprensibile e popolare (la cacciata del governo e la condanna di un Parlamento corrotto), si circondò perciò stesso di una significativa solidarietà, nonostante la campagna di criminalizzazione .
Il 15 Ottobre, invece, la dinamica degli scontri è stata innescata dalla distruzione metodica di oggetti casuali (automobili, bar, supermarket) ai lati del corteo da parte di limitati settori organizzati. Lo scontro si è dunque prodotto su un terreno estraneo a qualsivoglia prospettiva politica, allo sviluppo del movimento, alla crescita della sua coscienza. Di più: lo scopo di chi lo ha cercato era esattamente quello di boicottare la manifestazione di massa del movimento. Il fatto che poi migliaia di giovani coinvolti alla fine negli scontri abbiano giustamente resistito ai caroselli criminali della celere, non può occultare questo dato.
Questa logica primitiva e distruttiva, coltivata da alcune aree dei centri sociali, dell'anarchismo, di curve ultras, non è affatto una logica “più rivoluzionaria” come in qualche caso cerca di presentarsi. E' l'esatto opposto. E' la ricerca di uno sfogatoio emozionale cieco, in assenza di ogni progetto di rivoluzione reale, e contro la prospettiva di rivoluzione. Il danno che produce infatti non si limita ai benefici contingenti per la propaganda governativa o di centrosinistra, e per il loro cantico ipocrita sulla “condanna della violenza”. Il danno maggiore è l'effetto dissuasivo e distorcente che il vandalismo produce nell'immaginario diffuso delle classi subalterne circa il senso stesso della radicalità di lotta e della rivoluzione: un effetto tanto più negativo nel momento in cui si allarga una diffusa sensibilità anticapitalista- potenzialmente rivoluzionaria- nella giovane generazione.

RIVOLTA DI MASSA E PROGRAMMA ANTICAPITALISTA

Grande dunque è la responsabilità di chi ha favorito questo scenario. Perché lo spazio fornito a queste pratiche è stato ed è direttamente proporzionale all'opportunismo delle direzioni maggioritarie del movimento. La rinuncia ad un assunzione di responsabilità in un momento straordinario di scontro politico e sociale; l'adattamento alla routine di manifestazioni rituali- alla ricerca di un puro spazio mediatico o di qualche pacca sulla spalla degli ambienti benpensanti del centrosinistra e della loro stampa “democratica”- hanno aperto il varco all'avventurismo. Questa è la lezione del 15 Ottobre.
Ora non si tratta di aprire la caccia “militare” ai “black block” all'interno del movimento, alla ricerca di qualche capo espiatorio. Si tratta di andare alla radice delle responsabilità politiche di fondo di quanto accaduto. Di discutere seriamente l'organizzazione della piazza. E soprattutto di rilanciare una prospettiva di rivolta sociale e di classe, su base di massa e su un programma anticapitalista: che resta la condizione decisiva per aprire una pagina nuova, e una nuova prospettiva politica.

17 ottobre 2011,

Comitato esecutivo del Partito Comunista dei Lavoratori

giovedì 13 ottobre 2011

IL 15 OTTOBRE TUTTI A ROMA !

15 OTTOBRE: DIMETTERE BERLUSCONI, APRIRE UNA PAGINA NUOVA.


Il 15 ottobre una grande manifestazione nazionale di lavoratori e di giovani a Roma rivendicherà il diritto a marciare verso i palazzi del potere, come avviene peraltro in tutta Europa.

Non si tratta di chiedere a Berlusconi le dimissioni, ma di imporgliele. Se dopo la bocciatura parlamentare del bilancio Berlusconi non si dimette - ed anzi ricorre alla “fiducia” comprata di un Parlamento di nominati- può e deve essere una mobilitazione di massa, continuativa e radicale, a sgomberare definitivamente il campo.

Il 15 ottobre deve essere l'inizio della svolta: perchè siano i lavoratori e i giovani a rimuovere le macerie del berlusconismo, non i padroni, i banchieri, la BCE.


PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

venerdì 7 ottobre 2011

PER UNA LOTTA GENERALIZZATA, PROLUNGATA E RADICALE!

Volantino per la giornata di lotta degli studenti
del 7 Ottobre

PER UNA LOTTA GENERALIZZATA,
PROLUNGATA E RADICALE!
Il governo sta sottraendo miliardi e miliardi di Euro a scuola ed università pubbliche…
Dobbiamo rispondere, per prima cosa, rivendicando: UNA SCUOLA E UN'UNIVERSITA' PUBBLICHE, LAICHE ,
GRATUITE E DI MASSA , unitamente ad un grande piano di ristrutturazione degli edifici scolastici. Le
risorse devono essere ricavate attraverso:
- L'ABBATTIMENTO DELLE SPESE MILITARI (CIRCA 30 MILIARDI DI EURO L'ANNO);
- L'ELIMINAZIONE DEI PRIVILEGI DEL VATICANO (IN PRIMIS LE ESENZIONI FISCALI);
- L'AZZERAMENTO DEI FINANZIAMENTI PUBBLICI PER LE SCUOLE PRIVATE E CONFESSIONALI;
- LA TASSAZIONE DELLE RENDITE E DEI GRANDI PATRIMONI.
Ma i tagli del governo si abbattono anche sulla sanità, sui trasporti e su ogni altro comparto dei
servizi pubblici e sociali. Tutto ciò per pagare il debito pubblico. Cioè per dare montagne di denaro
ad un pugno di banchieri usurai che si arricchiscono spremendoci come limoni. Insomma, ancora
una volta il fallimento del sistema economico dei banchieri e dei padroni viene scaricato sulla classe
lavoratrice e sulle masse popolari.
Ma tutto questo non basta ai padroni e ai banchieri, che vorrebbero sostituire l’attuale governo con
un esecutivo ancora capitalista (“di emergenza” o “di unità nazionale”) e per questo, sotto impulso
della Marcegaglia, hanno proposto un “manifesto” di lacrime e sangue. Un manifesto che mette in
prosa quanto sottoscritto nel patto sociale del 4 agosto da banche, imprese e sindacati collaborativi
Cisl, Uil, Ugl e la Cgil della Camusso.
Per evitare di finire nel baratro, contro la catastrofe imminente c’è una sola soluzione:
· LA CANCELLAZIONE UNILATERALE DEL DEBITO PUBBLICO! NON PIU’ UN EURO AGLI USURAI!
· LA NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE , SENZA INDENNIZZO E SOTTO IL CONTROLLO DEI
LAVORATORI.
Noi che ora lottiamo come studenti, tra qualche anno dovremo lottare come lavoratori e/o come
disoccupati. La battaglia dei lavoratori è, dunque, anche la nostra battaglia. Tanto più che, se
vogliamo puntare a vincere, bisogna costruire il più ampio fronte di lotta possibile. Bisogna che le
lotte di studenti e lavoratori si saldino e si fondano, assumano un carattere prolungato e pongano
rivendicazioni radicali all'altezza dello scontro.
E' perciò necessario unificare subito tutte le le mobilitazioni e le lotte mettendo in campo:
UNA VERTENZA GENERALE E UNIFICANTE, UNO SCIOPERO GENERALE PROLUNGATO,
UNITO ALL'OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE, DEGLI UFFICI, DELLE SCUOLE E DELLE
UNIVERSITA’.
LAVORATORI E STUDENTI UNITI NELLA LOTTA!
CONTRO I GOVERNI DEI CAPITALISTI DI DESTRA
O DI CENTROSINISTRA!
PER IL GOVERNO DEI LAVORATORI,
PER IL SOCIALISMO!

Partito Comunista dei Lavoratori 

giovedì 6 ottobre 2011

Volantino per la manifestazione del 7 ottobre a Salerno

Pubblichiamo il volantino che verrà distribuito domani mattina durante la manifestazione studentesca che si terrà a Salerno, a partire dalle ore 9.30 in Piazza Ferrovia.
Nel volantino si parla, in particolare, della situazione di degrado in cui versano le strutture scolastiche di Mercato San Severino, purtroppo simile a quella di molte scuole di Salerno e provincia.


E’ ora di dire basta! Di avere spiegazioni certe e accurate!


Il liceo “Publio Virgilio Marone” di Mercato San Severino nel salernitano è da molti, troppi anni una “scuola” relegata nel centro sociale “Marco Biagi”, causa la mancanza di una struttura scolastica adeguata nel territorio e non è purtroppo un caso isolato. Troppi sono gli anni che la ventenne giunta comunale (ormai con un sindaco che c’è ma non si vede) promette e si elogia della fantomatica “prima pietra” per l’inizio dei lavori della struttura, troppi anche gli anni che le varie giunte provinciali (centro-sinistra e centro-destra) promettono un edificio scolastico adeguato per i propri figli ai propri elettori.

Coloro che pagano il malgoverno provinciale e comunale sono gli studenti che, da tempo, sono costretti a sottoporsi a turni pomeridiani, turnazioni per varie decine di giorni in succursali distanti anche chilometri dalla sede centrale e addirittura in casi “straordinari” ad appoggiarsi al convento poco distante per “svolgere normalmente le lezioni”.

Gli studenti, sovraffollati, non hanno classi a norma di legge, materiale scolastico di primaria necessità, laboratori di chimica/fisica, una palestra, un’aula magna, dei bagni decenti, in un’ultima analisi non hanno una scuola.
Per non parlare dei costi dei trasporti pubblici non accessibili a tutti, dei privati costosissimi, spesso in nero, che portano gli studenti presso la propria scuola come fossero dei pacchi da depositare: messi lì, in un furgone, attaccati gli uni agli altri.

La situazione poi è aggravata dalla Legge Gelmini che taglia fondi alla scuola pubblica e si disinteressa totalmente della situazione dell’edilizia scolastica italiana ormai più che decadente.

E’ ora di dire basta! Di avere spiegazioni certe e accurate!

Attendiamo un’assemblea pubblica cui partecipino gli studenti, la cittadinanza di San Severino, il sindaco e assessore regionale Giovanni Romano e l’assessore all’edilizia scolastica (Nunzio Carpentieri) per avere le opportune delucidazioni riguardante le sorti del “Publio Virgilio Marone”.

Il 7 Ottobre, sciopero generale studentesco, è un altro momento di rivolta studentesca che può essere valorizzato solo se impostato come l’inizio di una rivolta sociale che parta dalle rivendicazioni degli studenti fino ad arrivare a quelle degli operai per creare un blocco sociale unito, che ponga fine allo scempio finanziario dei governi di centro-destra e centro-sinistra, stessa espressione dei poteri forti della finanza.
Per un governo dei lavoratori

Per i lavoratori e gli studenti!


Partito Comunista dei Lavoratori
 Sezione provinciale di Salerno

mercoledì 5 ottobre 2011

NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO. INTERVENTO DI MARCO FERRANDO ALL' ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 1° OTTOBRE A ROMA

L'intervento di Marco Ferrando all'assemblea pubblica del movimento "Noi il debito non lo paghiamo". Al teatro Ambra Jovinelli di Roma erano presenti circa 800 persone.

NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO



PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

sabato 1 ottobre 2011

15 OTTOBRE: RIVENDICARE IL DIRITTO A MANIFESTARE SOTTO I PALAZZI DEL POTERE

nota nazionale di Marco Ferrando

Per il 15 Ottobre si annuncia, com'è noto, una grande manifestazione di massa a Roma, nel quadro della giornata di mobilitazione europea promossa dagli indignati spagnoli contro le politiche dominanti. E' una scadenza di grande importanza, come dimostra l'ampio spettro di soggetti coinvolti e l'attenzione che sta richiamando ovunque. Tutti i soggetti di fatto promotori della manifestazione, incluso il PCL, sono dunque impegnati a garantire il massimo successo di partecipazione popolare all'iniziativa e il suo massimo impatto politico.

Al tempo stesso, nel pieno rispetto del coordinamento unitario promotore che si è costituito, riterrei sbagliata ogni rinuncia pregiudiziale a rivendicare il diritto della manifestazione a dirigersi verso i palazzi del potere: Palazzo Chigi e Montecitorio. Una proposta già avanzata dal PCL in sede di coordinamento, che voglio qui riprendere e argomentare.

IN TUTTA EUROPA SI MANIFESTA DAVANTI ALLE SEDI DEL POTERE

In tutta Europa- tanto più in questa fase- le grandi manifestazioni di massa si dirigono verso le sedi del Governo e del Parlamento. Così ad Atene in piazza Syntagma, così a Madrid, così a Londra.. Ed è naturale: perchè “il popolo” manifesta contro “il potere”. Perchè questa scelta esalta la contrapposizione politica diretta alle rappresentanze degli industriali e dei banchieri, ai loro luoghi istituzionali, ai loro partiti ( di governo e di “opposizione”). Chiedo: perchè in Italia dovrebbe essere diversamente? E soprattutto: perchè dovremmo noi rassegnarci a questa “diversità”? Proprio la giornata europea di mobilitazione contro i governi non dovrebbe costituire il momento ideale per rivendicare anche in Italia il diritto riconosciuto e praticato nel resto d'Europa? Continuare a subire una lesione della stessa democrazia borghese, nel momento stesso in cui rivendichiamo “una democrazia reale” e alternativa sarebbe – mi pare- una contraddizione singolare.

IN ITALIA GOVERNO E PARLAMENTO SCUDO DELLA PEGGIORE REAZIONE

Per di più in Italia abbiamo di fronte il governo più reazionario d'Europa ( se si fa eccezione per l'Ungheria), il Parlamento più corrotto e addomesticato della UE, tra i più alti livelli di condivisione bipartisan delle scelte di fondo della BCE e dell'Unione, sotto la benedizione congiunta di Bankitalia e della Presidenza della Repubblica. Perchè dunque proprio in Italia si dovrebbe rinunciare a manifestare sotto i palazzi del potere?

E' una rinuncia tanto più incomprensibile in questo momento politico. La frattura tra potere politico-istituzionale e senso comune popolare non è mai stata così profonda. Il governo Berlusconi è in caduta libera di consensi. Il suo blocco sociale è in disfacimento. Il Parlamento è un simulacro di complicità e di impotenza, come rivelano i salvataggi spudorati dei più corrotti faccendieri di regime( Milanese). Manifestare oggi sotto Palazzo Chigi e Montecitorio avrebbe dunque un significato politico e simbolico maggiore che in tante altre situazioni ordinarie. Non sarebbe un gesto “ideologico” e minoritario, ma un atto di profonda sintonia col più vasto sentimento popolare ( che non va abbandonato al populismo qualunquista o reazionario). Perchè allora non rivendicare apertamente questo diritto?

I POTERI FORTI VOGLIONO UN RICAMBIO POLITICO “ORDINATO”. PER QUESTO DIFENDONO LA SACRALITA' DELLE ISTITUZIONI

L'argomento ( apparentemente “di sinistra”) secondo cui la manifestazione del 15 non è “contro Berlusconi” ma contro tutte le politiche dominanti in Europa; che “non siamo ansiosi di rovesciare Berlusconi per favorire un governo Montezemolo( o simili)”; che DUNQUE è secondario e “provinciale” dirigersi su Palazzo Chigi e Parlamento, mischia confusamente giuste premesse e conclusioni sbagliate.

Il rovesciamento di massa del “proprio” governo è oggi come ieri-in ogni Paese- non solo il più grande contributo alla propagazione internazionale della ribellione sociale, ma anche un bastone tra le ruote di ogni progetto di alternanza borghese. I poteri forti che stanno lavorando a rimpiazzare Berlusconi con un più diretto governo dei banchieri hanno bisogno di un quadro di pace sociale e di ordine pubblico. Di ritessere la concertazione con la Cgil ( ben ricambiati). Di disporre di una scacchiera sgombra da ogni irruzione di massa. Il loro terrore è che la crisi del berlusconismo e della seconda Repubblica possa trascinare con sé ripresa di conflitto e “disordine” di piazza.. Da qui il cantico della “solidarietà nazionale” attorno alle “Istituzioni”, propagato da tutta la stampa borghese e recitato solennemente da Napolitano. Da qui anche.. la difesa della “sacralità” del Parlamento, di Piazza Montecitorio, di Piazza Colonna, di tutti i luoghi istituzionali. Sino alle grida isteriche e bipartisan di fronte alla più piccola e innocua manifestazione di protesta davanti al Palazzo come è recentemente avvenuto.

UNA MANIFESTAZIONE STRAORDINARIA PER LA RIVOLTA SOCIALE

Per queste stesse ragioni una grande manifestazione di massa davanti a Governo e Parlamento, non è solo un diritto democratico, ma un atto politico che collide con tutta la logica dell'alternanza e dei poteri forti. Perchè è un atto che allude -fosse pure simbolicamente- alla prospettiva della rivolta sociale: l'unico fattore capace di rovesciare Berlusconi dal versante delle ragioni dei lavoratori e non dei banchieri, di spostare i reali rapporti di forza, di aprire la via ad un'alternativa vera.
Il punto vero è se vogliamo PROVARE a investire la manifestazione del 15 Ottobre in una prospettiva di reale ribellione di massa, nel cuore della crisi italiana ed europea, oppure se la concepiamo PREGIUDIZIALMENTE come una ordinaria manifestazione di propaganda: naturalmente importante, naturalmente di massa,
ma destinata di fatto a lasciare le cose come stanno, al pari di tutte le tradizionali manifestazioni d'autunno. Questo è il bivio.

LIBERARSI DA UNA PREGIUDIZIALE RINUNCIATARIA

L'obiezione secondo cui non ha senso chiedere di dirigersi su Palazzo Chigi perchè “tanto non ce lo concedono”, ” rischiamo di aizzare estremismi e avventurismi” “non ci sono i rapporti di forza” ecc., riflette una psicologia politica rinunciataria. Se gli oppressi dovessero rivendicare solo ciò che “viene loro concesso” la storia umana avrebbe fatto pochi passi in avanti. Rivendicare l'”impossibile” è da sempre la condizione decisiva per ottenere “possibili” conquiste: così è stato per il diritto di sciopero, così è stato per il diritto di votare e manifestare. I rapporti di forza si modificano con la lotta politica e di massa, a partire dalla rivendicazione di ciò che è giusto. Non con la rinuncia a rivendicare ciò che è giusto nel nome “dei rapporti di forza”. E ciò è tanto più vero, concretamente, qui e ora: di fronte a un governo reazionario,profondamente indebolito, attraversato da una furiosa guerra per bande, sempre più odiato o detestato dalla maggioranza dei lavoratori e del popolo. Rivendicare pubblicamente il diritto a manifestare sotto i palazzi del potere, fare del prevedibile rifiuto del governo un caso di scandalo pubblico, potrebbe essere di per sé un volano di preparazione della manifestazione di massa contro un governo che “rifiuta ciò che si concede nel resto d'Europa”. Peraltro proprio il rifiuto pregiudiziale a rivendicare pubblicamente questo diritto,a premere per la sua affermazione, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di lasciare spazio a iniziative avventuriste “fai da te”, magari in ordine sparso, estranee ad una logica di massa, a scapito dell'impatto politico del 15 ottobre.

PREGIUDIZI COSTITUZIONALI E SPIRITO DI ROUTINE

In realtà le resistenze di alcuni settori a rivendicare un diritto democratico così elementare mi pare abbia un sottofondo politico, che sovrappone due elementi diversi.

Su un versante, agisce la lunga tradizione, tipicamente italiana, della mitologia costituzionale, che ha attraversato l'intero dopoguerra, e che ha seminato una cultura reverenziale verso le “istituzioni” dello Stato, maggiore che in altri Paesi ( per cui ad esempio la Presidenza della Repubblica è largamente venerata nella stessa ”sinistra radicale” anche quando sorregge l'odiato Berlusconi e chiede misure più severe i lavoratori).

Su un altro versante, anche in ambiti di “estrema sinistra”, opera uno spirito di routine, che fa della contestazione del potere uno spazio di propria caratterizzazione più che un investimento nella prospettiva di rivoluzione: per cui spesso il problema centrale di una manifestazione, al di là delle parole d'ordine formali, non è il suo investimento nell'azione di massa e nel suo sviluppo, ma solo la conquista di uno spazio d'immagine a livello mediatico e di una buona critica di opinione della stampa “democratica”. Utile magari in qualche caso per negoziare a futura memoria un accordo col centrosinistra, in altri casi a strappare solo lo scampolo di una benevola intervista. Ma sempre in un ottica segnata dall'interesse autoconservativo di un piccolo o grande “ceto politico”, non dall'interesse generale di una prospettiva di emancipazione e liberazione.

Questo retroterra culturale, sempre distorto, rischia di diventare tanto più conservatore nei momenti straordinari della vita politica e sociale : quando non si tratta di vivere di routine, ma di assumersi le proprie responsabilità di fronte a snodi politici di fondo. La crisi della seconda Repubblica e la “catastrofe” italiana, dentro la più grande crisi dell'Europa capitalista, è esattamente uno di questi momenti.

IN CONCLUSIONE

Parteciperemo dunque col massimo impegno alla manifestazione del 15 Ottobre, nel rispetto del suo spirito unitario e delle scelte che il coordinamento promotore - di cui siamo parte- farà. Ma senza rinunciare al nostro punto di vista. Senza rinunciare a proporre la massima combinazione di unità e radicalità. Senza rinunciare a lavorare perchè ogni manifestazione di questo autunno sia investita nella prospettiva di una sollevazione di massa per una svolta vera. Fuori e contro ogni forma di conservatorismo, e di ogni logica rinunciataria.


MARCO FERRANDO