venerdì 3 aprile 2009
Il tunnel senza uscita
L’immancabile considerazione sulle sorti del comunismo è un argomento che spetta trattare a chiunque a vario titolo abbia pensato (o quantomeno vi si sia identificato) , con l’ideologia marxista a creare un mondo migliore. Massimo Troisi in relazione alla fine del socialismo reale si interrogava su chi si sarebbe fatto “carico di portare la bandiera degli sfruttati”, in tutto il mondo la cerchia dei diseredati si amplia, cresce a dismisura eppure... L’ideale perde il suo fascino e sempre meno sono quelli pronti a dare fiducia a chi si fregia di simbolismi tipici della classe del lavoro. A poco servono le piccole vittorie che di tanto in tanto si registrano in quei luoghi, in quelle terre che emblematicamente mostrano la voracità di un meccanismo, un sistema, che fagocita aspettative e disumanizza la vita di centinaia di milioni di persone.
In Nepal la rivoluzione vince, a Cipro eleggono un presidente comunista (al quale , sembra quasi la positivizzazione della regola del contrappasso, l’onere di abbattere l ultimo muro dell’Europa unita), in Venezuela Chavez vince nelle consultazioni popolari ed il referendum gli consente di mantenere le sue cariche ancora per molto. Ma la domanda che mi sembra necessario porre è: dove vanno questi esempi? Qual è la morale e cosa c è da imparare da ciò; il fascino della sinistra ha subito il peso degli anni in maniera impressionante, il costo di una vita passata in trincea a battersi per chi non ha voce ha reso la sua immagine segnata dalle sconfitte, dalle mezze vittorie e dai tradimenti. L’utopia del comunismo nella Russia Staliniana cade in contemporanea con l’inizio degli anni novanta; quella che doveva essere la più grande possibilità di slegarsi dai pressanti obblighi provenienti dalla parte orientale della cortina di ferro è stata vista come la fine di un era. Dall’oggi al domani il peggior nemico è diventato il mandante di gravissime violenze verso coloro che si voleva rappresentare; il proletariato non esiste più, gli operai non sono più quelli di un tempo, addirittura i padroni sono diventato l’oggetto di una strenua difesa, gli invasori ora si chiamano esportatori di democrazia e gli oppressori, i carcerieri di innocenti sono solo vittime del terrore. Il lessico cambia e le parole si slegano dal loro originale significato per assumere forme nuove e giustificare equazioni ritenute un tempo improponibili. Eppure nessuno si è preso la briga di comunicarcelo che “era solo uno scherzo, che non c è niente di attuabile e che la giustizia è un ideale ultraterreno”. Ma non riesco a capire perché doversi accontentare, cosa è cambiato da 20 anni a questa parte? Qual è la differenza tra Pino Pinelli e Carlo Giuliani? E non intendo le modalità, mi riferisco alla mano dell’autore, ai motivi per i quali certe persone vengono bollate mentre altre considerate meritevoli di tutela .
Chi decide quando qualcosa diventa obsoleto e comunque, fin quando non viene inventato qualcosa di meglio come si fa a ritenere obsoleta la migliore soluzione a disposizione? Le domande sul piatto della bilancia sono molte ma le soluzioni non consentono un compromesso; per i fanatici, i seguaci e gli apologisti della sacralità della vita il quesito è semplice: cosa rende più sacre le vite di embrioni occidentali rispetto a quelle di lavoratori di disperati e diseredati di tutto il sud del mondo? Chi innalzerà la loro bandiera? Chi si farà portavoce delle loro istanze? Chi e poi, come, dove e soprattutto quando? Quando arriverà il loro momento? Quand’è che sarà terminata l’attesa ed il capitalismo elargirà ad essi una minima parte dei suoi proventi? Quando verrà mostrato il volto compassionevole di questo sistema di produzione?
Più di un miliardo di persone al mondo vive sotto la soglia di povertà; meno di un dollaro al giorno per estrarre diamanti sporchi del sangue dei civili uccisi in conflitti per accaparrarsene il possesso, centinaia di milioni di persone vittime della denutrizione trovano la morte tra gli stenti della fame e della sete ma per noi è più importante, più pregnante il dialogo su come una donna in coma da 15 anni debba trovare la morte. In quel caso si, la fame e la sete imposta sono metodi disumani!!! Ma la domanda sorge spontanea: in africa, america latina ed india le persone muoiono di fame e di certo non è stato un tribunale, un parlamentare od un magistrato ad imporgliela, è stata la sorte, la sorte che ha voluto far nascere queste persone in una zona del mondo in cui l’eutanasia è somministrata ad ampie dosi dalla “natura”.
Parliamo per parlare, ma la domanda è opprimente e non serve cambiare discorso, si ripropone automaticamente da sola, è ad ogni angolo di strada, ad un semaforo a vendere fazzoletti, da dieci anni col sorriso sulle labbra; sotto un ponte a ripararsi dal freddo in un cartone. Ed è più facile imporsi di pensare a loro come degli sbandati, persone che hanno scelto consapevolmente o che sono state solo colpite dalla sfortuna, un anomalia statistica, fuori dalla norma, e invece … Sono loro la norma, la statistica è chiara e siamo noi l’anomalia: i fortunati, i miracolati a cui il destino ha concesso di non essere spesi per coprire il costo del benessere. Chi innalzerà la loro bandiera?
Il comunismo non è finito … Il comunismo finirà quando di lui non ci sarà più bisogno !!!