Tre film per testimoniare il genocidio perseverato da Israele in Palestina, tre appuntamenti da non perdere
19 NOVEMBRE ore 19:30 presso il CSA JAN ASSEN proiezione di
“SHOOT – THE FILM ” di Samantha Comizzoli, documentario sulla resistenza palestinese.
Seguirà videochiamata con Samantha Comizzoli dalla Palestina.Questo documentario nasce da immagini catturate con videocamera e telefonino durante i tre mesi di attivismo per i diritti umani che l’autrice ha svolto in Palestina con l’International Solidarity Movement. E’ una testimonianza sulla resistenza palestinese non violenta e sui crimini perpetrati da Israele. Il documentario dura all’incirca novanta minuti ed è arricchito da alcuni filmati del reporter palestinese Odai Qaddomi, fotografo e videoreporter nelle manifestazioni di Kuffr Qaddum.
“SHOOT – THE FILM ” di Samantha Comizzoli, documentario sulla resistenza palestinese.
Seguirà videochiamata con Samantha Comizzoli dalla Palestina.Questo documentario nasce da immagini catturate con videocamera e telefonino durante i tre mesi di attivismo per i diritti umani che l’autrice ha svolto in Palestina con l’International Solidarity Movement. E’ una testimonianza sulla resistenza palestinese non violenta e sui crimini perpetrati da Israele. Il documentario dura all’incirca novanta minuti ed è arricchito da alcuni filmati del reporter palestinese Odai Qaddomi, fotografo e videoreporter nelle manifestazioni di Kuffr Qaddum.
“Sono andata in Palestina come attivista per i diritti umani con l’International Solidarity Movement. Non ero lì per fare un film, ma facendo interposizione non violenta e filmando i crimini di israele sul popolo Palestinese, ho pensato che avere della documentazione importante e con la mia prospettiva potesse essere utile per chi non conosce la Palestina. La prospettiva è quindi la mia, mentre ci sparavano addosso filmavo o con una videocamera non professionale o con il telefonino. Volevo fare un documentario strutturato come un film, ed un bel film, che potesse piacere a tutti, anche a chi non interessano i diritti umani. Un monumento alla Resistenza non violenta e a tutti coloro che difendono i diritti umani.Si ambienta in Cisgiordania (West Bank) che è una realtà diversa da Gaza, lontana dai bombardamenti, ma con violenze ed umiliazioni quotidiane. Gli attacchi che si vedono nel film, pertanto, non sono lo scenario di repressione da parte della polizia per una manifestazione; ma è ciò che accade tutti i giorni e tutte le notti in ogni angolo della Cisgiordania. In film ha una parte introduttiva, un nucleo che sfocia in due focus (uno sul villaggio di Kuffr Qaddum e uno sul villaggio di Asira) ed un finale dove si capisce il titolo del film.
Solo alla fine si capisce il messaggio che volevo dare. La parte riguardante Kuffr Qaddum è stata arricchita dai video del fotoreporter Odai Qaddomi, e qui la prospettiva è la sua, diversa. Il montaggio di Simonetta Zandiri è spettacolare, proprio come lo desideravo.
Anche se il film è violenza, arrivate alla fine per capirlo e riempitevi gli occhi così come accadde a me”.——————————————————
Solo alla fine si capisce il messaggio che volevo dare. La parte riguardante Kuffr Qaddum è stata arricchita dai video del fotoreporter Odai Qaddomi, e qui la prospettiva è la sua, diversa. Il montaggio di Simonetta Zandiri è spettacolare, proprio come lo desideravo.
Anche se il film è violenza, arrivate alla fine per capirlo e riempitevi gli occhi così come accadde a me”.——————————————————
3 DICEMBRE ore 19:30 presso RIFF-RAFF proiezione di
“5 BROKEN CAMERAS” di Emad Burnat e Guy Davidi.
“5 BROKEN CAMERAS” di Emad Burnat e Guy Davidi.
Una straordinaria opera di attivismo sia cinematografico che politico, 5 Broken Cameras è un resoconto profondamente personale e di prima mano della resistenza non violenta messa in atto a Bil’in, un villaggio della Cisgiordania minacciato dallo sconfinamento degli insediamenti israeliani. Girato quasi interamente dall’agricoltore palestinese Emad Burnat, che ha acquistato la sua prima videocamera nel 2005 per registrare la nascita del suo figlio più giovane, il film è stato montato da Burnat e dal co-regista israeliano Guy Davidi. Strutturata intorno alla distruzione violenta di ognuna delle videocamere di Burnat, la collaborazione dei realizzatori segue l’evoluzione di una famiglia in cinque turbolenti anni che hanno scosso il villaggio. Burnat osserva da dietro l’obiettivo i suoi alberi di ulivo minacciati, le proteste che si intensificano e le vite perdute. “Mi sento come se la videocamera potesse proteggermi…ma è un’illusione”. Nel 2005, quando le manifestazioni contro il muro sono iniziate, Emad ha ottenuto la sua prima videocamere e ha iniziato a filmare gli avvenimenti del villaggio. Ha anche ripreso la sua vita personale e familiare non pensando che questo avrebbe fatto parte in futuro di un fllm. Per gli anni successivi lo scopo di Emad non era quello di fare un film, ma ha girato per molte altre ragioni: in primo luogo è stato un modo per partecipare alle manifestazioni, portare testimonianze tangibili ai media e sul web, ma anche per proteggere le persone finite in tribunale, quando i suoi video sono stati usati come prove. Tutto il film è un appassionante e struggente squarcio della vita di un uomo, della sua famiglia, del suo villaggio, all’interno della lunga e dignitosa lotta del popolo palestinese per la libertà dall’occupante.
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14 DICEMBRE ore 19:30 presso CSA JAN ASSEN proiezione di
“THE IRON WALL” di Mohammed Alatar
“THE IRON WALL” di Mohammed Alatar
“La colonizzazione sionista nella terra di Israele deve o arrestarsi o continuare senza considerare la popolazione locale palestinese. Questo significa che può continuare e svilupparsi solo sotto un governo che sia indipendente dalla popolazione locale, dietro un muro di ferro che la popolazione locale non potrà attraversare” con queste parole, nel 1923, Vladmir Jabotinsky, padre della destra sionista, indicava la strada per la colonizzazione della Palestina. Il documentario di Alatar illustra le conseguenze della presenza degli insediamenti dei coloni israeliani e del Muro sulla vita quotidiana in Palestina, dando voce ad analisti politici e attivisti per i diritti civili, sia Palestinesi che Israeliani. Inizialmente il processo di pace era basato su una semplice formula: Terra in cambio di Pace, una soluzione che prevedeva due stati per due popoli. Ma la crescente presenza degli insediamenti e del Muro (di Apartheid) sono la prova dell’impossibilità di una tale soluzione. The Iron Wall ripercorre le tappe della colonizzazione Israeliana dei Territori Palestinesi in cui la costruzione del Muro non è che la fine di un progetto di pulizia etnica iniziata negli anni ’20.