Il regolamento della vergogna
[19 Febbraio 2009]
Nel cosiddetto nuovo «regolamento» cui cosiddetti «campi nomadi», escogitato dal prefetto di Roma, e da comune, regione e provincia c’è un segnale di discriminazione e di disprezzo insopportabili. A cominciare dal fatto di accomunare rom e migranti. Tutti diventano «nomadi» cioè transitori, cioè «a termine»: possono restare al massimo due anni, quattro se si comportano molto bene, si fanno schedare, salutano le guardie che verranno messe all’ingresso e mandano i figli a scuola, cosa che vogliono fare anche oggi se solo non venissero cacciati da una parte all’altra della città di continuo. Tutti sanno che non c’è nulla di più definitivo di ciò che viene dichiarato temporaneo ma il prefetto, evidentemente, non lo sa.
Quanto al fatto che i campi saranno recintati e che non potranno entrare le auto è solo la degna conclusione di questo inesorabile processo di espulsione. È per evitare intrusioni, ha detto il prefetto ma in realtà, i vigili urbani o addirittura i vigilanti privati previsti notte e giorno perché chi non è di quel campo non possa entrare, sono la costruzione concreta di un muro, uno dei tanti muri della vergogna di cui si sono dotate le moderne democrazie. O altrimenti rasenta il paradosso perché sarebbe come se io a casa mia impiantassi un allarme o una telecamera e per stare più «sicura» proibissi ai miei amici di venire a trovarmi. Infine, c’è il divieto di introdurre auto. Il prefetto può anche dire che si tratta di una misura ambientale, di fatto impedirà a molti rom di lavorare dal momento che la maggior parte restaura oggetti metallici di chiese, ristoranti, mense e non ha un’officina dove lavorare.
Il disastro annunciato di Lampedusa e quello di Malta
A sostenerlo erano in molti e da tempo, il Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa è «una bomba ad orologeria» e il disastro avvenuto ieri era annunciato. Ma la politica cieca del governo Berlusconi non trova altra «strategia» che i rimpatri «accelerati». E dopo l'isola delle Pelagie la rivolta arriva a Malta.
«Condizioni di vita insostenibili, diritti calpestati, nessuna certezza sui tempi di permanenza non potevano che determinare una situazione di tensione incontrollabile, sfociata nella rivolta di oggi», sono le parole di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci, su quanto sta succedendo in queste ore sull’isola di Lampedusa. «Qualsiasi persona di buon senso – ha proseguito Miraglia – avrebbe potuto prevedere che una simile situazione sarebbe sfociata in episodi di disperazione. Nei giorni scorsi si erano verificati ben quindici tentativi di suicidio. Le delegazioni che avevano potuto visitato il Cie avevano denunciato, tra l’altro, il mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza e infatti il fuoco si è sviluppato con tanta rapidità perché il materiale impiegato nella costruzione è altamente infiammabile».
Ma il governo taceva mentre il disegno diabolico del ministro Maroni andava avanti, sprezzante dei rapporti allarmati della Commissione diritti umani del Senato e di quelli stesi dalla delegazione del Parlamento europeo.
articoli tratti da: www.carta.org