mercoledì 29 ottobre 2014

LEOPOLDA POLIZIESCA

Il PCL dichiara la propria solidarietà incondizionata ai lavoratori della acciaierie di Terni colpiti dalla polizia. 

L'aggressione poliziesca a un corteo di lavoratori in lotta tradisce una volta di più la natura del governo Renzi. Le ambizioni smisurate del Capo del governo non esitano a impugnare il manganello. Il governo è passato dalle parole ai fatti. L'attacco frontale ai diritti del lavoro si salda all'aggressione contro chi li difende. Altro che governo “amico del popolo” come recita lo spartito della Leopolda. Siamo in presenza di un corso politico reazionario che non esita a ricorrere alla forza per difendere l'ordine dello sfruttamento e dei licenziamenti contro i lavoratori e lo stesso sindacato: l'ordine difeso dal finanziere Serra e dai capitalisti rampanti della corte Renzi, fra brindisi e champagne. 

E' l'ora di rispondere all'attuale corso reazionario con una radicalità di massa uguale e contraria. La CGIL non può limitarsi a condannare il governo, come giustamente ha fatto. Ha il dovere di promuovere e organizzare, senza rinvii, uno sciopero generale vero, legato a una mobilitazione prolungata e all'occupazione generale delle fabbriche che licenziano. L'occupazione della acciaierie di Terni può dare l'esempio. E' l'ora che tutte le sinistre politiche e sindacali passino, anche loro, dalla parole ai fatti.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

AST 2



AST 1





sabato 25 ottobre 2014

Libertà per Ahmad Sa’adat, Georges Abdallah e tutti i prigionieri palestinesi!

Proponiamo un interessante articolo articolo del Colletivo Handala-Salerno, nell'ambito della settimana globale in solidarietà con Ahamad S’adat.




Nell’ambito della settimana di azione globale in solidarietà con Ahamad S’adat e tutti i prigionieri palestinesi (17-25 ottobre), insieme a realtà sensibili, abbiamo deciso di manifestare la nostra solidarietà e vicinanza, affiggendo una serie di striscioni che chiedono  la loro immediata liberazione e per ribadire con forza che non sono stati dimenticati!

Oggi ci sono oltre 7000 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, circa 2000 di loro imprigionati con arresti di massa da giugno. 500 palestinesi sono in “detenzione amministrativa”, senza accusa né processo, mentre 1.500 prigionieri palestinesi sono malati e vengono negate loro cure mediche adeguate – e più di 100 di loro sono malati di cancro e di altre patologie gravi.

Inoltre – questo è un dato ancora più inquietante reso noto dalle associazioni per i prigionieri- il 40% degli uomini palestinesi in Cisgiordania e Gaza sono passati dalle carceri dell’occupazione!

Particolarmente atroce è la condizione delle donne nelle carceri sioniste. Quando una donna Palestinese incinta finisce in prigione, il rischio è alto perché non le viene riservato nessun trattamento preferenziale …. anzi, se deve partorire, viene portata in ospedale sotto scorta, con mani e piedi legati, per poi essere incatenata al letto fino al momento dell’entrata in sala parto e subito ammanettata alla fine. Una delle proteste più frequenti di molte delle prigioniere politiche è contro il sistema del denudamento e delle ispezioni corporali da parte dei soldati israeliani, perpetrati spesso con la forza. Nel corso delle perquisizioni molte volte vengono costrette ad accovacciarsi nude per ricerche corporali intrusive; chi si ribella viene rinchiusa in isolamento.

 nessuna galera può fermare la resistenza palestinese

L’entità sionista utilizza, quindi, questa forma di tortura, di violenza basata sulla discriminazione di genere e di razza.

I bambini non ricevo un trattamento migliore. Secondo le ultime stime oltre 200 bambini palestinesi (di età inferiore ai 18 anni, molto spesso anche minori di 14 anni) sono imprigionati.

Dal 2000 più di 10.000 bambini Palestinesi sono stati rinchiusi, oltre 1500 uccisi, 6000 feriti; tale strategia, attraverso metodi che terrorizzano intere famiglie e prendendo di mira i bambini, ha lo scopo di indebolire la resistenza all’occupazione. All’interno della prigione, poi, Israele opera per distruggere il loro equilibrio psico-fisico con violenze sia corporali che mentali e che provocano conseguenze a lungo termine. Una seconda ragione nella strategia d’arresto di minori, è il tentativo di reclutamento per raccogliere informazioni sulla resistenza, per disintegrare sia la capacità di lotta della nuova generazione, sia quella dei loro padri e madri.

Da questi dati emerge chiaramente che l’entità sionista utilizza in maniera sistematica e storicamente datata l’odioso strumento della segregazione carceraria dei palestinesi, come mezzo di controllo e repressione della popolazione. L’uso reiterato di metodi criminali, duramente condannati anche dalla comunità internazionale (detenzione amministrativa, negazione del diritto alla difesa legale, punizioni corporali, tortura fisica e psicologica, rapimenti, arresti di minori anche di età inferiore ai 14 anni e tanto altro!), è ampiamente documentato ed ha lo scopo dichiarato di indebolire e spezzare la fiera Resistenza del popolo palestinese ma questo non avverrà mai!!!

Ahmad Sa’adat, leader palestinese, parlamentare e segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, è detenuto nelle carceri israeliane dal 15 marzo 2006. Prima di allora, è stato detenuto nelle prigioni dell’Autorità Palestinese, sotto guardia statunitense e britannica, dal gennaio 2002.

Il 14 settembre ad Ahmad Sa’adat sono state negate le visite dei familiari per un periodo di tre mesi, da parte delle autorità di occupazione carcerarie. Questa azione fa parte della negazione delle visite familiari di centinaia di prigionieri politici palestinesi a piacimento dei funzionari di occupazione israeliani che dal giugno di quest’anno –non solo- operano una ulteriore forma di vessazione e sopruso verso un popolo che resiste da oltre 66 anni!

Questi giorni comprendono anche la giornata del 24 ottobre, 30° anniversario della detenzione del combattente arabo per la Palestina Georges Ibrahim Abdallah nelle carceri francesi. Ad Abdallah, un comunista libanese il cui processo è stato condotto con irregolarità, è stata promessa libertà vigilata in diverse occasioni, ogni volta negata ai più alti livelli del governo francese sotto pressione degli Stati Uniti e di Israele.

Storicamente i martiri e i prigionieri rappresentano il seme di ogni rivoluzione, di ogni lotta di liberazione. La loro libertà rappresenta uno dei punti cardine su cui le forze della Resistenza si uniscono. Il dovere di tutte e tutti deve essere quindi quello di sostenerli, senza esitazioni. Privati della loro libertà mettono a disposizione i loro corpi per continuare la lotta; noi possiamo e dobbiamo mettere a disposizione la nostra solidarietà per sostenerli.

Fino alla vittoria!

Collettivo Handala Salerno

domenica 19 ottobre 2014

IL SOGNO DEI PADRONI: LA “LEGGE DI STABILITA'” DEL RENZISMO


No. Non è la “solita” legge di stabilità. E' una legge di stabilità cucita secondo le esigenze prioritarie di “immagine” e “consenso” dell'aspirante Bonaparte che oggi governa, lungo la linea del nuovo corso “populista”. E' un metodo sperimentato.

Con l'operazione truffa “80 euro” ( messi a carico dei beneficiari) Renzi ha vinto le elezioni europee consolidando il proprio comando. Al riparo di quella truffa- avallata da Camusso e Landini- ha condotto un'azione di sfondamento contro il lavoro e i suoi diritti. Prima con la eternalizzazione provocatoria dei contratti a termine senza causale, che non ha incontrato una sola ora di sciopero. Poi con la liberalizzazione dei licenziamenti senza giusta causa- obiettivo storico del padronato italiano- che non ha neppure subito, allo stato, uno sciopero generale di contrasto, fosse pure di facciata.

Ora nel varco aperto senza pagare dazio, Renzi replica la tecnica dell'imbroglio. La nuova operazione truffa sull'anticipo del TFR in busta ( aggravata da un maggiore furto fiscale sul salario differito, persino su quello lasciato in deposito) diventa la nuova cortina di fumo che serve a coprire l'arrosto. La nuova copertura d'immagine, agli occhi dei lavoratori dipendenti, di un'ulteriore aggressione sociale mirata contro di loro. 
Stabilita

La nuova legge di stabilità é inequivoca. Via l'Irap, come chiede da anni tutto il fronte confindustriale e reazionario ( Grillo e Salvini in testa). Via i contributi padronali sulle assunzioni , con nuovo svaligiamento delle casse pubbliche. Il tutto a carico dello stato sociale e dei servizi

( tagli , tasse, tariffe) a partire dalla sanità ( sostenuta infatti dall'Irap), dall' istruzione pubblica

( altro che rilancio della scuola!), dai trasporti locali ( già falcidiati), dai contratti dei dipendenti pubblici ( bloccati sino al 2018). Dunque pagheranno il conto i salariati , i pensionati, i giovani, la popolazione povera .

Il rinvio del pareggio di bilancio e l'operazione in deficit per 11 miliardi non sono affatto il “superamento dell'austerità” in nome della “crescita” e del “lavoro”, come vogliono la propaganda di “regime” del renzismo e il commentario “progressista” che lo circonda ( tipo La Repubblica). Sono l'opposto: sono la leva di una straordinaria detassazione dei capitalisti a carico dei lavoratori e della maggioranza della società. L'unica crescita assicurata è quella dei profitti, a scapito del lavoro. La Confindustria l'ha detto in un impeto di sincerità: “Questa legge di stabilità è il coronamento del nostro sogno”. La verità è che neppure i padroni si attendevano tanto in pochi mesi.

Nel frattempo la recita ad arte di Matteo Renzi contro “i tecnocrati di Bruxelles”, i governatori regionali“spendaccioni”, i “burocrati privilegiati”, serve a presentare questo sogno padronale come sogno popolare, in un grottesco gioco di specchi in cui spesso il bastonato pensa di essere il bastonatore. Che oltretutto non chiede di meglio che passare in incognito prendendo l'incasso, al riparo dalla cortina fumogena populista.

Un aspirante Bonaparte mira a consolidare attorno a sé un grande blocco reazionario interclassista mettendo le proprie ambizioni di potere al servizio del capitalismo italiano. Altro che “Renzi servo della Merkel” come spesso ripetono ( con impronta sciovinista e incomprensione della realtà) dirigenti della sinistra riformista o centrista . Renzi può “sfidare” anche la Merkel al tavolo negoziale, se questo gli serve ad ampliare il proprio margine di manovra populista e a nutrire i propri disegni di carriera. Ridurre le tasse ai capitalisti italiani ottenendo la loro incoronazione, e per di più prendere i voti degli operai italiani... “contro la Germania”: come si possono sposare al meglio gli interessi di Renzi e quelli della borghesia tricolore?
Solo una straordinaria mobilitazione di massa del movimento operaio e sindacale può squarciare il velo della menzogna dominante, unire gli sfruttati, dissolvere il blocco reazionario, arrestare la marcia di Renzi, e presentargli finalmente il conto.

Occorre portare il 25 a Roma questa domanda di svolta radicale. Contro il governo e il padronato. Per una lotta generale e radicale che vada davvero sino in fondo.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

giovedì 16 ottobre 2014

Il sol dell'avvenire: Riflessioni sulle forme di lotta


Il capitalismo è per sua natura intrinsecamente violento. Per asservire l’umanità e derubarla di ciò che produce ha bisogno costantemente di annientarne la volontà negandogli la possibilità di progredire in armonia con i suoi simili e con l’ambiente in cui vive. A questo scopo si è dato un apparato di controllo via via sempre più efficace nel terrorizzare, annichilire e, quindi, asservire la classe dominata: lo Stato, che con le sue propaggini apparentemente estranee ad un agire di lotta finalizzato ad affermare il principio del dominio dell’uomo sull’uomo (istituzioni politiche piuttosto che apparato burocratico), ma in realtà assolutamente funzionale ed esiziale alla Guerra di Classe che la borghesia conduce contro il proletariato. Guerra che esiste nelle sue forme palesemente manifeste e non: manifeste nella figura militare dello “sbirro” e del carcere, e dunque nella repressione vera e propria, o occultate nelle forme legislative della democrazia borghese, come la legiferazione sul lavoro il cui effetto più evidente è la disgregazione contrattuale che divide in più parti i lavoratori in base alla tipologia di contratto a cui devono sottostare. Ad una analisi critica più attenta le forme di aggressione meno palesi risultano essere quelle più efficaci nella realizzazione del controllo sociale ed ideologico e, paradossalmente, più violente perché colpiscono senza dare ai lavoratori nessuna possibilità di difendersi! Noi avanguardie riteniamo altresì una violenza inaudita quella che, attraverso l’intero blocco mass-mediatico schierato dalla parte del capitalismo, opera nella mente di ogni singolo individuo scavalcandone la coscienza critica ed instillandone nell’inconscio il bisogno effimero della “necessità”, annichilendone di fatto il bisogno concreto ed umano di “Libertà”, creando dei desideri assolutamente falsi, veri e propri feticci, il cui scopo polivalente è quello di indurre a consumi crescenti, alla conservazione del profitto garantito, al controllo totale delle coscienze: in breve al totale asservimento della stragrande maggioranza della popolazione a favore di oligarchie minoritarie. 
Con fermezza ribadiamo che questo è il vero volto della democrazia borghese! Per chiarezza, da comunisti che si pongono coscientemente lo scopo dell’abbattimento dello stato di cose presenti l’ultima e definitiva forma di lotta è la Rivoluzione Sociale perché mai il comando del Capitale rinuncerà all’espropriazione della vita degli esseri viventi: mai il Capitale per sua natura, tipica di ogni potere assoluto, rinuncerà a sfruttare l’umanità! Mai la borghesia rinuncerà alle sue prerogative di classe criminogena continuando ad estorcerle con brutalità e violenza: pensarlo e mera utopia, idealismo da salotto sconnesso dalla realtà. Consci che i meccanismi sociali prescindono dalla volontà dei singoli, riteniamo che anche e soprattutto la costituzione della “Milizia Proletaria” praticante la Guerra Sociale resta uno degli scopi primari delle avanguardie rivoluzionarie. Fatta questa premessa il problema diventa “del come e del quando”. Se, a livello puramente teorico, l’insurrezione proletaria è all’ordine del giorno nei fatti non è praticabile in questa fase storica. Nel luglio del 1917 il proletariato di Pietrogrado fece un “Vyshuplennie” (manifestazione armata)per scatenare l’insurrezione nonostante il parere contrario del partito bolscevico e fu sconfitto. Nell’ottobre dello stesso anno lo stesso proletariato guidato da Lenin scatenerà la vincente Rivoluzione. Questo è uno dei tanti esempi storici. Lenin scriverà che i comunisti devono rimanere legati alle masse di cui ne sono avanguardie militanti senza fare fughe in avanti rispetto al livello di coscienza del proletariato per non rimanere isolati e sconfitti. Lo scopo dei comunisti è creare coscienza rivoluzionaria in un processo di crescita dialettico. Questo è oggettività, la soggettività sarebbe confondere il bisogno delle avanguardie con quello di tutto il proletariato che va educato e fatto crescere alla Rivoluzione. L’alternativa e l’isolamento e conseguentemente la sconfitta come è successo con le formazioni combattenti degli anni ’80. Esse hanno perso quando il livello dello scontro, che da un certo momento in poi hanno praticato, non era più condivisibile dal proletariato di per sé già battuto nelle sua progettualità antagonista. Oggi, vista la tremenda condizione di arretramento del livello di coscienza della massa dei lavoratori determinato da decenni di sconfitte operate dell’ex PCI e suoi successori, da un lato, e, dall’altro, dalla oggettiva incapacità dei rivoluzionari di imporre la loro egemonia, c’è da pensare a nuove forme di lotta che portino alla rottura sovversiva come necessità della Classe. Assodato il fatto che non esistono modalità astratte o libresche di scontro sociale, ma che la lotta si attua sul campo partendo dai rapporti di forza esistenti per forzarli e costruirne di nuovi, come avanguardie riteniamo che le forme di lotta, che il movimento si dà, di volta in volta, senza tabù o miti dogmatici, abbiano valore puramente tattico, un tatticismo intergrato in una strategia più ampia e partecipata da tutti i soggetti realmente antagonisti. Riteniamo che, tatticamente, i modelli di lotta, di conflitto, debbano essere determinati dal livello di coscienza delle masse perché possano essere funzionali al reale ed efficaci da un punto di vista strategico. Nel concreto non esiste nessuna pregiudiziale verso la “violenza” ( il Capitale la applica oltre ogni dire) o la “non violenza”, ma esistono, appunto, solo scelte “tattiche” funzionali allo sviluppo del conflitto: l’alternativa non è tra il mitra o la resistenza passiva, ma tra ciò che serve ed è compreso dalle masse in un dato momento storico. Scelta utilitaristica che nulla esclude, scelta dovuta all’immaginazione e alla simbiosi tra le avanguardie e le masse, tra il “dove siamo” e il “dove e come ci andiamo”. Scelta in cui è giusto ciò che è funzionale, azioni che colpiscano l’immaginario collettivo e di cui ne siano espressione, che creino leggende possibili e condivisibili, che incendino le metropoli, ingrigite dalla servitù del potere borghese, con i centomila fuochi della Rivolta accesi dalla creatività della Classe ed intorno ai quali si aggrega ed unisce tutto ciò che altero rispetto al Dominio, perseguendo un progetto politico alto: sovvertire lo Stato capitalista e borghese.
PCL Parma sez. Frida Kahlo

mercoledì 15 ottobre 2014

Il profitto e il dissesto idrogeologico

La situazione italiana
La causa del dissesto idrogeologico va ricercato nell'urbanizzazione incontrollata e ingiustificata, portata avanti dalle scellerate politiche, a livello locale e nazionale, dello Stato borghese (vedi condoni edilizi e legge Milleproroghe 2011) e dell'inevitabile sciacallaggio dei capitali privati.
Oggi in Italia esistono circa due milioni e quattrocentomila ettari di superfici urbanizzate, un’estensione equivalente a quella di Puglia e Molise messe insieme, pari al 7,6% del territorio nazionale e a 415 metri quadri per abitante. La maggior parte delle trasformazioni strutturali avviene a discapito di suoli agricoli, e ed in minor nodo carico su terreni incolti o boschivi. Registriamo, inoltre, che a  fronte di 4 milioni di abitazioni circa, realizzate negli ultimi 15 anni, nelle grandi città italiane almeno 200.000 famiglie non riescono a pagare il mutuo o la rata dell’affitto. Nelle stesse città dove l’emergenza sfratti è più pesante, quasi un milione di case risultano vuote perché economicamente irraggiungibili da chi ne avrebbe bisogno. Coerentemente con la logica borghese dello sfruttamento, l'urbanizzazione non risulta essere un esigenza di un normale e sostenibile sviluppo di una società strutturata, ma una gigantesca e articolata forma di sfruttamento.


Dissesto idrogeologico in Campania e in particolare nella provincia di Salerno
Questa politica di sfruttamento e incuria dei territori è particolarmente grave e inaccettabile nel difficile e complesso territorio campano. In Campania ci sono ben 23.430 frane che, complessivamente, coinvolgono oltre 973 kmq, vale a dire che poco più del 7% del territorio regionale è in frana, attiva o quiescente, ma comunque in frana. Il rischio idrogeologico in Campania, tuttavia, è stato fortemente condizionato dall’azione dell’uomo e dalle continue modifiche del territorio che hanno, da un lato, incrementato la possibilità di accadimento dei fenomeni e, dall’altro, aumentato la presenza di beni e di persone nelle zone dove tali eventi erano possibili e si sono poi manifestati, a volte con effetti catastrofici.  Ricordiamo, nel '98, la tragedia di Sarno e Quindici, dove ancora oggi gli amministratori locali affermano candidamente che la manutenzione di 25 Km di canali di confluenza e vasche di laminazione per un costo di  350 milioni di euro sono in completo abbandono da 10 anni. Oppure come dimenticare l'alluvione che nel 2010 spazzò via l'intero litorale di Atrani, perla della costiera amalfitana, o il crollo di un lungo tratto della SP47 che ha isolato per mesi un vasto territorio del Cilento
.


Al profitto borghese opponiamo la lotta proletaria

Il consumo di suolo di questi anni, senza criteri o regole, basato sulla logica dello sfruttamento, è tra le ragioni dei periodici problemi di dissesto idrogeologico e tra le cause di congestione e inquinamento delle città, dell’eccessiva emissione di CO2 e della perdita di valore di tanti paesaggi italiani e ha inciso sulla qualità dei territori producendo dispersione e disgregazione sociale.  Alle false soluzioni borghesi, fatte di buoni propositi delle solite associazioni e lobbies, noi opponiamo la logica proletaria della rivoluzione: “Solo un governo dei lavoratori, rompendo con la legge del profitto, può investire uomini e risorse nel riassetto idrogeologico del territorio evitando, per sempre, il ripetersi di simili tragedie.”

                                                                                                                                PCL- Salerno

domenica 12 ottobre 2014

Wahhabismo e Sionismo: Due armi dell'Imperialismo Occidentale



Se i sionisti sono la spada dell’imperialismo, gli islamisti ne sono gli ausiliari, gli harkis. Il sionismo è una calamità imposta dall’esterno al mondo arabo. Il wahhabismo è una degenerazione endogena inoculata agli arabi in modo che per primo attacchino i musulmani sunniti: turchi e gli altri arabi. Rashid Ghannouchi ha detto che i salafiti sono i “suoi figli”, essendo il padre del salafismo in Tunisia. Quindi evitate di dover distinguere tra salafismo, wahabismo e islamismo: sono la stessa razza.L’islamismo è per l’Islam ciò che è il sionismo per l’ebraismo: un’ideologia di conquista del potere in nome della religione a scapito del popolo. Allo stesso modo, come non dobbiamo confondere Islam e islamismo, non confondiamo sionismo ed ebraismo. Ma quando si sostiene di essere il protettore dei luoghi santi dell’Islam, come afferma la dinastia saudita, quando finanza e dirige gruppi islamisti, spesso terroristici, e poi nascondendo la propria origine ebraica, ne fa di fatto un “sottomarino” sionista. Secondo i documenti storici pubblicati di recente, questo sarebbe il caso del wahhabismo e della dinastia saudita.
Origini
Nel 1914 inizia la prima guerra mondiale. Avrà un impatto decisivo sul successo del sionismo e del wahhabismo. Gli ottomani entrarono in guerra a fianco della Germania e dell’Austria-Ungheria contro Francia, Regno Unito, Italia e Russia zarista. Ognuna di queste quattro potenze aveva ambizioni territoriali verso l’Impero ottomano che volevano smantellare e spartirsi. Nel 1915, il leader sionista inglese Chaim Weizmann s’impegnò a convincere l’amministrazione britannica dei vantaggi nel sostenere la causa sionista. Nel 1916, l’accordo segreto Sykes-Picot divideva tra la Francia e il Regno Unito l’impero ottomano, in caso di vittoria, assegnando ai britannici le aree che bramavano. Nel 1917, Lord Balfour, rappresentante del governo britannico, inviò a Lord Lionel Walter Rothschild una lettera,  la “Dichiarazione Balfour”, in cui affermava che il Regno Unito era favorevole alla creazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina.
I sauditi accettarono la creazione d’Israele
In occasione della Conferenza di pace di Parigi del 1919, venne firmato l’accordo Faisal-Weizmann il 3 gennaio 1919, tra l’emiro Feisal ibn Hussein (sceriffo della Mecca e re dell’Hijaz) e Chaim Weizmann (in seguito, nel 1949, primo presidente d’Israele). Grazie a questo accordo, Faisal ibn Hussein accettava, a nome degli arabi, i termini della Dichiarazione di Balfour. Questa affermazione è considerata de facto uno dei primi passi per la creazione dello Stato d’Israele. Nel marzo 1919, l’emiro Faisal inviò la seguente lettera a Felix Frankfurter, giudice statunitense e  sionista sfegatato, insediato presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. “… Il movimento ebraico è nazionale e non imperialista e il nostro movimento (wahhabismo) è nazionale e non imperialista. In  Palestina c’è spazio sufficiente per entrambi i popoli. Penso che entrambi i popoli abbiano bisogno del sostegno dell’altro per avere successo. (…) Guardo con fiducia a un futuro in cui ci aiuteremo a vicenda, in modo che ogni Paese verso cui abbiamo un vivo interesse possa, ancora una volta, ritrovare il proprio posto nella comunità delle nazioni civili del mondo.” Vedasi Renee Neher-Bernheim, La Dichiarazione di Balfour, Julliard 1969.
In seguito, dopo gli accordi di Camp David, l’Arabia Saudita fu uno dei primi Paesi arabi a importare prodotti israeliani. Secondo al-Alam, l’Arabia Saudita ha importato da Israele le attrezzature necessarie per l’estrazione di petrolio, così come pezzi di ricambio per macchine agricole, frutta e verdura; è stato uno dei primi Paesi arabi ad avere forgiato legami economici e commerciali con il regime sionista. E come ben sanno i lavoratori della società “Aramco”, che è il principale operatore petrolifero saudita, in gran parte l’azienda utilizza il cosiddetto “Made in Israel”.
                                       
L’intelligence irachena svela le origini ebraiche dei wahhabiti sauditi
Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato, di recente, le traduzioni di alcuni documenti dei servizi segreti iracheni risalenti al regime di Saddam. La relazione si basa sulle memorie di Hempher, che descrivono in dettaglio come questa spia britannica in Medio Oriente, alla metà del XVIII.mo secolo, fosse in contatto con Abdul Wahhab, per creare una versione sovversiva dell’Islam, il wahhabismo, divenendo il culto fondativo del regime saudita. Queste “Memorie di Hempher” sono state pubblicate a episodi sul giornale tedesco Der Spiegel.
Tra i vizi che gli inglesi volevano promuovere tra i musulmani attraverso la setta wahhabita, vi erano il razzismo e il nazionalismo, l’alcool, il gioco d’azzardo, la lussuria (difetti che si possono trovare negli emiri attuali). Ma la strategia più importante si basava sulla “diffusione delle eresie tra i credenti per poi criticare l’Islam come una religione di terroristi“. A tal fine, Hempher trovò in Muhammad Ibn Abdul Wahhab un individuo particolarmente recettivo. Il movimento wahhabita fu temporaneamente sconfitto dall’esercito ottomano a metà del XIX.mo secolo. Ma con l’aiuto degli inglesi, i wahhabiti sauditi tornarono al potere nel 1932. Da allora, i sauditi hanno collaborato strettamente con gli statunitensi, a cui devono la loro considerevole ricchezza petrolifera, che usano per finanziare diverse organizzazioni islamiche fondamentaliste statunitensi e arabe. Allo stesso tempo, i sauditi usarono la loro grande ricchezza per diffondere questa visione deviante e dirompente dell’Islam, in diverse parti del mondo. Questa campagna  propagandistica è considerata dagli esperti la più grande campagna di propaganda della storia.
Queste sette wahhabite che vanno dai salafiti tunisini ai taliban afgani, spargono terrore ed orrore nel mondo islamico, sporcano l’Islam con il loro comportamento e le nefaste fatwa che pubblicano. Inoltre, un famoso scrittore, l’ammiraglio della flotta ottomana, che ha operato nella penisola arabica, Ayoub Sabri Pasha ha scritto la sua versione della storia, come l’ha vissuta nel 1888. Tra i suoi libri, “L’inizio e la diffusione del wahhabismo“, parla dell’associazione tra Abdul Wahhab e la spia inglese Hempher per complottare contro il governo turco-ottomano, al fine di smembrarlo a beneficio degli inglesi e della setta wahhabita. Il fatto che la spia britannica Hempher sia stata responsabile della concretizzazione dei principi estremistici del wahhabismo viene menzionato anche in “Mir’at al-Haramain“, un libro dello stesso Ayoub Sabri Pasha, del 1933-1938.
Abdul Wahhab era lo strumento con cui gli inglesi poterono insinuare una vile idea tra i musulmani dalla penisola arabica: è lecito uccidere altri musulmani con il pretesto dell’apostasia, bastò pubblicare una fatwa in tal senso. Sulla base di ciò, Wahhab sostenne l’idea che i loro fratelli musulmani turchi, offrendo preghiere ai santi, avessero tradito la loro fede e che era lecito ucciderli, e renderne schiavi le mogli e i figli. I wahhabiti distrussero anche tutte le tombe e i cimiteri sacri, tra La Mecca e Medina. Rubarono il tesoro del Profeta, che comprendeva libri sacri, opere d’arte e innumerevoli ex voto inviati alle città sante in mille anni. Il cuoio che rilegava i sacri libri islamici che avevano distrutto, venne utilizzato per farne sandali da parte dei criminali wahhabiti. Oltre a rivelare il contenuto delle memorie di Hempher, la relazione dell’intelligence irachena riporta rivelazioni inedite sulle origini ebraiche di Abdel Wahhab e della famiglia Saud.
Le origini ebraiche di Abdel Wahhab
Un altro scrittore, D. Mustafa Turan scrisse in “Gli ebrei donmeh“, che Muhammad ibn Abdul Wahhab era un discendente di una famiglia di ebrei donmeh turchi. I donmeh erano discendenti dei seguaci del famigerato falso messia dell’ebraismo Shabbatai Zevi, che scioccò il mondo ebraico nel 1666 con la sua conversione all’Islam. Considerato un sacro mistero, i seguaci di Zevi imitarono la sua conversione all’Islam, anche se questi ebrei mantennero in segreto le loro dottrine cabalistiche. Turan sostiene che il nonno di Abdul Wahhab, Sulayman, in realtà si chiamava Shulman e che apparteneva alla comunità ebraica di Bursa in Turchia. Da lì si trasferì a Damasco, dove fece finta di essere un musulmano, ma fu apparentemente espulso per aver praticato la magia cabalistica. Poi fuggì in Egitto, dove di nuovo affrontò un’altra condanna. Poi emigrò in Hijaz dove si sposò e  nacque il figlio Abdul Wahhab. Secondo la relazione irachena, la stessa discendenza è confermata in un altro documento dal titolo “Gli ebrei donmeh e l’origine dei sauditi wahhabiti”, scritto da Salim Qabar Rifaat.
Le origini ebraiche della dinastia saudita
Il fatto che la famiglia saudita sia di origine ebraica è stato reso pubblico dal saudita Muhammad Saqir, che è stato poi eliminato dal regime saudita per aver osato pubblicare le sue rivelazioni. Inoltre, la relazione irachena fa riferimento ad una relazione simile alle rivelazioni di Muhammad Saqir, ma citando fonti diverse. Secondo “Il movimento wahabita: verità e origini”, di Abdul Wahhab Ibrahim al-Shammari, ibn Saud in realtà discende da Mordechai bin Ibrahim bin Mushi, un mercante ebreo di Bassora. Si unì ai membri della tribù araba degli Aniza e si recò con loro nel Najid affermando di essere un membro di questa tribù. Poi cambiò il suo nome in Ibrahim bin Mussa bin Marqan. Tuttavia, secondo Said Nasir, ambasciatore saudita a Cairo, nella sua “Storia della famiglia Saud”, Abdullah bin Ibrahim al-Mufaddal avrebbe dato a Muhammad al-Tamimi 35.000 junayh (sterline), nel 1943, per inventarsi gli alberi genealogici (1) della famiglia saudita e (2) di Abdul Wahhab, per poi fonderli in un unico albero risalente al profeta Maometto.
Nel 1960, la radiostazione “Sawt al-Arab” di Cairo, in Egitto e le trasmissioni della radiostazione di Sanaa, nello Yemen, confermarono l’origine ebraica della famiglia saudita. Infine, il 17 settembre 1969, il re Faisal al-Saud disse alWashington Post: “Noi, la famiglia saudita, siamo cugini dei giudei: non siamo assolutamente d’accordo con le autorità arabe o musulmane che mostrano antagonismo verso gli ebrei, dobbiamo vivere in pace con loro. Il nostro Paese (Arabia Saudita) è la prima sorgente da cui provenne il primo ebreo, i cui discendenti si sono sparsi nel mondo.”