mercoledì 11 novembre 2009
Squadrismo fai da te!!!
Una troupe di giornalisti Rai riprende la scena e chiama la polizia. Sindacati e sinistra denunciano "l'aggressione squadristica" e chiedono l'intervento del governo.
Una cosa del genere non si era mai vista. O meglio, si era vista a cavallo del “biennio rosso” e i primi anni venti, durante la nascita del fascismo, quando le milizie in camicia nera davano man forte agli industriali rompendo i picchetti degli scioperi operai. Questa mattina, all’alba, una quindicina di vigilantes, comandati da Samuele Landi, ex amministratore delegato della società informatica Agile [ex Eutelia], hanno fatto irruzione nella sede del gruppo presidiato dai lavoratori, nel quartiere Tiburtino. Obiettivo del raid, interrompere l’occupazione dei locali da parte dei dipendenti da tre mesi non ricevono lo stipendio e in mobilitazione permanente contro i tagli e i licenziamenti.
La proprietà, infatti, ha avviato la procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 1200 dipendenti in tutta Italia, 284 nella sola sede di Roma. Davanti questa decisione, i 2000 dipendenti hanno deciso di occupare le sedi di Torino, Ivrea, Pregnana Milanese, Napoli e Roma. La vicenda inizia negli anni ‘90 quando la Olivetti Solutions viene venduta prima alla multinazionale Wang e poi a Getronix. Nel 2006 la famiglia aretina Landi compra Getronix e numerose altre aziende. Dalla fusione di queste imprese viene creato il marchio Eutelia. I bilanci dell’impresa iniziano ad andare in rosso e attirano l’attenzione della guardia di finanza che apre delle indagini. A giugno 2008 viene annunciata la crisi, parte la cassa integrazione per i lavoratori e poi i contratti di solidarietà. A gennaio 2009 viene annunciata la dismissione del settore informatico. A giugno la famiglia Landi cede il ramo informatico ad Agile, piccola srl di Potenza a sua volta rilevata a da Omega spa. Da allora, crisi nera e procedimenti di mobilità.
Nella capitale il presidio è iniziato il 28 ottobre scorso con l’occupazione dei tetti dello stabilimento. Per spezzare la resistenza, questa mattina i vigilantes, armati con piedi di porco, hanno divelto le porte degli uffici, hanno svegliato i lavoratori puntando loro negli occhi le torce elettriche, spacciandosi per poliziotti, chiedendo i documenti, minacciando gli stessi lavoratori e impedendo loro di muoversi. Sfortunatamente per le guardie giurate, all’irruzione erano presenti le telecamere del programma “Crash” di Rai Educational che hanno ripreso la scena. Federico Ruffo, giornalista Rai, si è rifiutato di consegnare i documenti e ha chiamato la polizia. Gli agenti hanno identificato i componenti della falsa squadra e il proprietario dell’azienda, facendoli immediatamente uscire prima che la tensione degenerasse in uno scontro con i lavoratori. La Digos ha acquisito i nastri della registrazione per stabilire la dinamica dei fatti.
“L’attacco contro la protesta dei lavoratori mostra il volto violento dell’imprenditoria – ha detto Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio – I sindacati hanno chiesto l’intervento immediato della presidenza del consiglio dei ministri affinché convochi un tavolo per risolvere, con un vero piano industriale, la vertenza Eutelia e il dramma occupazionale dei suoi dipendenti. "Siamo tornati indietro ai primi dell’800 – ha commentato Andrea Alzetta, consigliere comunale – L’ultimo episodio simile a questo risale ai tempi della rivoluzione industriale. Ritengo gravissimo questo atto di aggressione, operato con il metodo di terrore sdoganato e legittimato dal governo”.
Sulla vicenda è intervenuta anche Alessandra Tibaldi, assessore regionale al lavoro, che ha chiesto “la convocazione urgente di un tavolo di confronto nazionale sulla vertenza Eutelia. Non si può accettare l’intervento di sgombero del presidio dei lavoratori. Qualora i tempi di convocazione dovessero slittare – ha concluso Tibaldi – la Regione è pronta a convocare le parti d’intesa con il Prefetto". Oggi alle 18, sit in davanti alla Camera promosso dai giovani del Pdci, "per protestare contro un’aggressione che ricorda gli squadroni della morte sudamericani”.
martedì 10 novembre 2009
L'addio al Comunismo? E' costato un milione di morti
Scritto da Mara Gergolet, "corriere.it"
Venerdì 23 Gennaio 2009 10:44
La rivista Lancet: nell'Est la mortalità è aumentata del 13% per le privatizzazioni
Quanti morti può fare una privatizzazione? O meglio — se un conto si può fare — quante vite è costato il passaggio dal comunismo al capitalismo?
E ancora: si può conteggiare l'effetto delle ricette economiche che quella transizione l'hanno dettata negli eltsiniani (e clintoniani) anni Novanta? Il conto è stato fatto. Pubblicato su una delle più prestigiose riviste di medicina internazionali, l'inglese Lancet, 4 anni di lavoro, modelli matematici complessi, basandosi sui dati del'Unicef dal 1989 al 2002. La conclusione: le politiche della privatizzazione di massa nei Paesi dell'ex Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est hanno aumentato la mortalità del 12,8%.
Ovvero, hanno causato la morte prematura di 1 milione di persone. Non che, finora, qualche stima non fosse stata fatta. L'agenzia Onu per lo sviluppo, l'Undp, nel '99 aveva contato in 10 milioni le persone scomparse nel tellurico cambio di regime, e la stessa Unicef aveva parlato dei 3 milioni di vittime. Lo studio di Lancet (firmato da David Stuckler, sociologo dell'Oxford University, da Lawrence King, della Cambridge University e da Martin McKee, della London School of Hygiene and Tropical Medicine) invece parte da una domanda diversa: si potevano evitare tante vittime, e sono da addebitare a precise strategie economiche? La risposta è sì. Ed è la «velocità » della privatizzazione che — secondo Lancet — spiega il differente tasso di mortalità tra i diversi Paesi.
Si moriva di più dove veniva adottata la «shock therapy»: in Russia tra il '91 e il '94 l'aspettativa di vita si è accorciata di 5 anni. Nei Paesi più «lenti », invece, come Slovenia, Croazia, Polonia, si è allungata di quasi un anno. Grazie, signor Jeffrey Sachs. Perché se gli operai inglesi negli anni '80, come nel film di Ken Loach, «ringraziavano» la signora Thatcher, gli operai delle fabbriche chiuse dell'Est devono (in parte) la loro sorte al geniale economista americano, consigliere allora di molti governi dell'Est.
E infatti il signor Sachs ha risposto piccato, con una lettera al Financial Times. Ma quel «milione di morti» ha ormai accesso il dibattito ai due lati dell'Oceano, sulle pagine del New York Times e nei blog economici. «S'è scatenata — risponde da Oxford David Stuckler — una rissa ideologica, ma noi non volevamo infilarci in un dibattito politico. Volevamo puntare l'attenzione sui rischi sociali.
E poi, il nostro non è un attacco alla shock therapy, tant'è che analizziamo solo le privatizzazione, non le liberalizzazioni o le politiche di stabilizzazione ». E il signor Sachs? Contesta i numeri. Dice, all'Ft, che «dove sono stato consigliere, come in Polonia, non c'è stato nessun incremento della mortalità».
E il caso russo, dove sono state «vendute 112mila imprese di Stato» dal '91 al '94 contro le 640 della Bielorussia, e i tassi di mortalità sono 4 volte maggiori? Colpa delle diete russe, dice Sachs, ma più ancora del crollo dell'impero, «degli aiuti negati dagli occidentali a Mosca», «tanto che nel '94 mi sono dimesso» da consigliere del Cremlino. Non rinuncia all'occasione di seppellire Sachs il suo vecchio nemico, il Nobel Joseph Stiglitz. «Lancet ha ragione, la Polonia è stata un caso di politiche graduali. Quanto alla shock therapy, guardando indietro, è stata disastrosa. Pura ideologia, che ha distorto delle buone analisi economiche». C'è un altro dato che emerge nella ricerca.
Il legame disoccupazione- mortalità nell'ex Unione sovietica. «Il perché è evidente: erano le fabbriche che spesso garantivano screening medici», dice Stuckler. Con la loro chiusura nell'ex Urss è crollato anche il sistema sociale. Numeri impressionanti di morti per alcol, di suicidi. «Mentre dove c'era una forte rete sociale — come nella Repubblica ceca in cui il 48% delle persone faceva parte o di un sindacato o va in Chiesa — l'impatto è stato quasi nullo».
Il sociologo Grigory Meseznikov, uno dei più apprezzati politologi dell'Europa dell'Est, risponde al telefono al Corriere che «sì, sui ceti inferiori l'impatto è stato forte. Ma poi, accanto ai danni immediati, bisogna valutare i benefici e l'impatto positivo a lungo termine». A Lubiana, il sociologo Vlado Miheljak, invece, ricorda che «tra i motivi del successo sloveno, a parte la maggiore integrazione con l'Ovest, c'è stata soprattutto la lentezza. Allora tutto il mondo ci criticava perché non privatizzavano come i cechi, come gli ungheresi. Invece probabilmente, è stata la nostra salvezza».
Firma per il PCL - Elezioni Regionali
alle prossime elezioni regionali
Da anni in a Napoli e in Campania le amministrazioni di centrosinistra – a partire dalla giunta Bassolino - rappresentano un governo dei poteri forti che ha speculato sul territorio, l’acqua, lo smaltimento dei rifiuti, la fame di lavoro, attentando alla qualità della vita e al diritto alla salute dei proletari. Un sistema che ha sperperato denaro pubblico a favore di consulenti pagati a peso d’oro, clientelismo ecc. Questo è avvenuto col sostegno consociativo di quelle stesse destre che oggi gridano allo scandalo, ma che hanno ampiamente preso parte alle spartizioni.
Del resto anche a livello nazionale centrodestra e centrosinistra fanno a gara a affossare le condizioni di vita di lavoratori, disoccupati, immigrati e studenti. Prodi e Berlusconi hanno tagliato pensioni e salari, sanità, scuola e servizi sociali; hanno attaccato i diritti dei lavoratori (diritto di sciopero, malattia retribuita) messo in discussione lo stesso contratto nazionale e precarizzato il lavoro. Ciò a tutto vantaggio di banchieri e grandi industriali, che hanno visto crescere a dismisura i loro profitti. Intanto salari e stipendi continuano a perdere potere d’acquisto, e la deregolazione e il peggioramento delle condizioni di lavoro fanno crescere il numero delle “morti bianche”, mentre con la crisi ogni giorno si allunga l’elenco delle aziende in crisi, che mettono i lavoratori in cassa integrazione (vedi le migliaia di lavoratori della Fiat di Pomigliano) e minacciano licenziamenti.
La crisi la paghi chi non ha mai pagato!
nazionalizzazione delle aziende in crisi
salario sociale a tutti i disoccupati
piano rifiuti alternativo – fondato su una vera raccolta differenziata – no alle discariche e agli inceneritori
assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori precari
Il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna a portare gli interessi degli oppressi al centro del dibattito elettorale. Per questo candida lavoratori, disoccupati, precari in alternativa alla casta dei politici di professione al sevizio del padronato
lunedì 26 ottobre 2009
PIERLUIGI BERSANI : UN UOMO VICINO A CONFINDUSTRIA ALLA TESTA DI UN PARTITO LIBERALE.
Con l’affermazione di Pierluigi Bersani, il PD guadagna probabilmente una guida più esperta e sicura, ma al servizio di una linea immutata di corteggiamento di Confindustria e dei poteri forti. Di più: contrariamente a un diffuso luogo comune, l’asse Bersani- D’Alema- Letta ( e Colaninno) è quello più direttamente legato agli ambienti confindustriali e bancari, ben rappresentati nella Fondazione Italiani Europei . Gli stessi ambienti e interessi peraltro che il pluriministro Bersani ha lautamente servito per anni, con detassazioni dei profitti, privatizzazioni, precarizzazione del lavoro: quelle politiche che hanno colpito i lavoratori spianando la strada a Berlusconi.
Le sinistre italiane, politiche e sindacali, non si facciano dunque incantare dal nuovo leader PD e dalla sua retorica sul”lavoro”. Respingano le possibili sirene di una nuova “Unione” di centrosinistra. Uniscano nell’azione le proprie forze, in piena autonomia dal PD, per cacciare Berlusconi con la mobilitazione di massa, nella prospettiva di un’alternativa vera. Solo una sinistra autonoma e alternativa al PD, può costruire un futuro per il movimento operaio italiano.
giovedì 17 settembre 2009
Edilizia Scolastica
I pavimenti dei bagni presentano numerose irregolarità nel 12% delle scuole monitorate mentre finestre non integre sono presenti nel 17% dei casi. Riguardo alle porte esse sono state trovate in cattive condizioni nel 31% delle scuole. Ben il 30% è sprovvisto di bagni per studenti disabili. Sul tema della certificazione la situazione si conferma, come negli scorsi anni, gravissima. Il certificato di agibilità statica è presente solo nel 34% delle scuole, quello di agibilità igienico-sanitaria è disponibile nel 39% dei casi, quello di prevenzione incendi nel 37%. La segnaletica è messa male: ancora una scuola su quattro non ha la piantina con i percorsi di evacuazione e le uscite di emergenza non sono segnalate nel 17% dei casi. Nelle scuole che hanno laboratori scientifici, solo il 63% ha cartelli informativi sulle precauzioni da seguire e l'84% possiede armadi chiusi per riporre sostanze e attrezzature pericolose. Assai scarsa è la formazione del personale: nel dettaglio, una scuola su quattro non attua corsi sulla sicurezza del lavoro, il 17% non fa le prove di evacuazione, ben il 42% non fa corsi di primo soccorso né di prevenzione incendi e addirittura l'83% non ha svolto alcun corso sulla sicurezza elettrica.
A questo va aggiunto che nel 2008 sono stati circa di 90.000 le denunce di infortunio presentate dagli studenti di queste 250 sono state indennizzate per inabilità permanente,
RETE STUDENTI SALERNO
lunedì 31 agosto 2009
Insieme ai precari di Salerno e Provincia fino alla vittoria!!!
Oggi alle ore 9 nello spazio antistante il provveditorato agli studi si è tenuto un presidio di protesta contro i 2000 tagli effettuati dall'operazione Gelmini(obiettivo=distruzione della scuola pubblica).
200 Tra insegnanti precari,personale ata e studenti hanno manifestato il proprio dissenso al provvedimento che pone le basi per la devastazione della scuola pubblica nella nostra provincia. La manifestazione che si stavaa svolgendo pacificamente ha rischiato di essere "sedata" violentemente dalle forze del (dis)ordine che, in cordone dinnanzi all ingresso del provveditorato, hanno vietato l accesso (effettuando una interruzione di pubblico servizio) agli interessati che cercavano di venire a conoscenza del responso suil proprio futuro. Come se non bastasse al tentativo di forzare il cordone della milizia franchista a guardia dell edificio pubblico, alcuni polizziotti si sono cimentati nel loro sport preferito, il calcio al manifestante.Attimi di tensione si sono avuti anche successivamente quando alcuni autoveicoli hanno tentato di abbandonare lo spiazzale del provveditorato, il cui ingreso era presidiato dei manifestanti che, schierati dinnanzi al cancello sono stati brutalmente respinti dalle forze armate.
Gli attacchi dei servi del padrone sono avvenuti senza il minimo rispetto per donne e anziani, a dimostrazione del fatto che la macchina repressiva dello stato non si ferma davanti a nulla.
Il presidio continuerà tutta la giornata, la delegazione della rete studenti raggiungerà i precari della scuola alle ore 5 portando solidarietà e rifornimenti dato il caldo torrido che ha contraddistinto questa giornata.
Gli studenti non si fermano, la suola pubblica non si tocca!!!
Ci vediamo avanti l'itis focaccia alle ore 17:00
(Prossimamente verranno caricate immagini e video del presidio)
giovedì 16 luglio 2009
mercoledì 8 luglio 2009
sabato 4 luglio 2009
venerdì 26 giugno 2009
Vigilanza popolare!!!
sabato 30 maggio 2009
LE RAGIONI DEL NON VOTO AL BILANCIO. (Striano)
giovedì 28 maggio 2009
AGENDA TRASMISSIONI TELEVISIVE DEL PCL
lunedì 18 maggio 2009
Squadrismo pendolare
sabato 16 maggio 2009
giovedì 7 maggio 2009
giovedì 30 aprile 2009
Crisi, quale risposta dai lavoratori!!!
giovedì 23 aprile 2009
25 Aprile
mercoledì 22 aprile 2009
Non infangate il ricordo dei martiri della resistenza
venerdì 17 aprile 2009
DOPO GLI SCIACALLI ARRIVANO I LUPI !
martedì 14 aprile 2009
PER UNA SVOLTA DI UNITA' E RADICALITA' NEL MOVIMENTO REALE DELLE LOTTE
venerdì 10 aprile 2009
NESSUN AVALLO ALLO SCIACALLAGGIO DEL GOVERNO
martedì 7 aprile 2009
Tesseramento 2009/10
lunedì 6 aprile 2009
DARE UNA PROSPETTIVA A QUESTA GRANDE MANIFESTAZIONE
venerdì 3 aprile 2009
Il tunnel senza uscita
martedì 31 marzo 2009
EUROPEE: FERRANDO, FERRERO E DILIBERTO LISTA DI MINISTRI DI SINISTRA
lunedì 23 marzo 2009
LE NAZIONALIZZAZIONI BORGHESI: LA SOCIALIZZAZIONE DELLE PERDITE
giovedì 19 marzo 2009
Iniziativa Rete Studenti
lunedì 16 marzo 2009
lunedì 9 marzo 2009
Assemblea pubblica in piazza San Francesco ore 5
sabato 7 marzo 2009
IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI ALLE ELEZIONI EUROPEE ED AMMINISTRATIVE
COMUNICATO STAMPA
(27 Febbraio 2009)
Il Partito Comunista dei Lavoratori ( pcl ) parteciperà alle prossime elezioni europee ed amministrative con una propria lista indipendente, e col proprio simbolo. Sul versante delle elezioni europee, abbiamo avviato la raccolta delle firme necessarie in tutte le circoscrizioni: sfidando apertamente la soglia elevatissima, ed antidemocratica, di firme richieste. Marco Ferrando, portavoce nazionale del partito, sarà capolista nelle diverse circoscrizioni. Sul versante delle elezioni amministrative saremo presenti in un larghissimo campione delle realtà coinvolte, a livello provinciale e comunale: a partire dalle Province di Torino, Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Napoli; nei Comuni capoluogo di regione come Bologna e Ancona, nonché in diversi centri minori da Frosinone a Forlì e Cesena. Complessivamente il PCL sarà presente in 35 elezioni provinciali e in numerose elezioni comunali lungo l’intero territorio nazionale. Con la propria presentazione, il PCL afferma il diritto di presenza alle elezioni dell’unico partito della sinistra italiana da sempre autonomo e alternativo al centrosinistra, sul piano nazionale e locale; dell’unico programma coerentemente anticapitalista che rivendica la nazionalizzazione delle aziende in crisi e delle banche e la prospettiva di un governo dei lavoratori e degli Stati Uniti Socialisti d’Europa, fuori da ogni vecchia illusione riformista. Le liste del PCL vedranno una presenza diffusa di candidati del mondo del lavoro, protagonisti delle lotte di resistenza contro la crisi Milano, 27 febbraio 2009
PERCHE’ IL PCL LAVORA ALLA PROPRIA PRESENTAZIONE ELETTORALE
Documento di Marco Ferrando
(27 Febbraio 2009)
La riforma della legge elettorale europea con sbarramento al 4%, imposta da Veltroni e Berlusconi, e sostenuta da IDV e UDC, risponde al cinico interesse politico dei principali partiti borghesi e delle loro leaderschip, in funzione di un disegno di americanizzazione del quadro politico italiano : un’ Italia con due grandi partiti della borghesia, senza forme di rappresentanza politica indipendente del movimento operaio e dei movimenti di massa. Un esito che certo rappresenterebbe un arretramento profondo del mondo del lavoro sul piano politico, con ricadute negative sullo stesso terreno della lotta di classe.
LA BANCAROTTA DEGLI STATI MAGGIORI DELLE SINISTRE
Ma le sinistre italiane sono pienamente corresponsabili, oltreché vittime, di questo scenario. Se l’operazione “4%” ha potuto affermarsi, è anche in ragione del crollo verticale, elettorale e politico, delle sinistre , della loro estromissione dal Parlamento nazionale, del mutamento dei rapporti di forza. E questo crollo ha una radice interamente politica: la subordinazione delle sinistre al centrosinistra per ben 15 anni, sino al loro diretto coinvolgimento nell’ultimo governo confindustriale di Romano Prodi e nelle sue politiche antioperaie e di guerra. Il fatto che SD, Verdi, PRC e PDCI non solo rimuovano il bilancio delle proprie responsabilità contro i lavoratori, ma continuino imperterriti a preservare ovunque possibile le proprie collocazioni di governo nelle amministrazioni locali, persino nelle situazioni più impresentabili , e persino nel momento in cui il PD punta alla loro distruzione, dimostra che neppure l’esperienza drammatica della disfatta è capace di riformare il codice politico di quelle formazioni. I cui gruppi dirigenti, oltretutto, hanno rivendicato per 15 anni quello sbarramento elettorale al 5% ( sistema tedesco) dal quale hanno finito per essere ghigliottinati: a riprova non solo di una profonda subordinazione al governismo borghese, e della conseguente negazione del principio democratico della proporzionale, ma anche di una perfetta irresponsabilità suicida. Peraltro proprio quella deriva politica ha trascinato con sé il loro cupio dissolvi in una frantumazione interna senza fine, in cui ogni ogni pezzo del ceto politico della disfatta( Ferrero, Vendola, Bertinotti, Diliberto, Fava) cerca di sopravvivere al proprio fallimento, senza l’ombra di un bilancio autentico e di una reale rettifica strategica.
Di più: l’annunciata presentazione elettorale di quei gruppi dirigenti in due( o più) liste tra loro contrapposte e concorrenziali( Ferrero e Diliberto da un lato, Vendola e Fava dall’altro),pur a fronte di una comune responsabilità politica e di un medesimo programma di fondo, rende probabile il completamento del loro suicidio istituzionale, e la vittoria purtroppo dell’operazione veltrusconiana. Ciò che aggrava, ad ogni livello, la parabola autodistruttiva della vecchia sinistra e il danno da essa arrecato al movimento operaio e al suo stesso popolo. Siamo davvero al paradosso: Vendola e Ferrero,Bertinotti e Diliberto, Mussi e Fava, hanno condiviso insieme il sostegno ai governi di centrosinistra; condividono la medesima collocazione nelle giunte di centrosinistra; condividono il medesimo affidamento al gruppo dirigente della CGIL e dunque il medesimo posizionamento nella lotta di classe; condividono insieme la stessa ispirazione programmatica di fondo sul terreno nazionale e internazionale, a partire dalla posizione sulla UE.. Non dovrebbero presentarsi insieme alle elezioni, tanto più a fronte dell’attuale legge elettorale? Invece no. Hanno votato uniti le politiche della borghesia e del PD, in cambio di ministri, cariche istituzionali, assessori, ma si presentano divisi alle elezioni, gli uni contro gli altri armati. E perché? Non certo per divergenze sui “principi” (che non hanno), ma per una matassa inestricabile di rivalità istituzionali, competizioni di ruolo, contrapposizioni personalistiche, guerre tribali di apparato, che nulla hanno a che spartire con le ragioni dei lavoratori, e molto hanno a che vedere con la cultura delle burocrazie. Si può credere a quei gruppi dirigenti quando predicano.. ad altri “unità e responsabilità”?
RICOSTRUIRE DALLE ROVINE. COSTRUIRE IL PCL
Il PCL- unico partito della sinistra ad essersi opposto coerentemente al governo Prodi- è nato in controtendenza alla disfatta annunciata della vecchia sinistra, sulla base di politiche e programmi alternativi. Con lo scopo di ripartire dal campo di rovine da questa prodotto, per costruire un partito coerentemente comunista e rivoluzionario: l’unico soggetto politico a sinistra capace di durare, perché basato su principi fermi e su un chiaro progetto anticapitalista; estraneo, per sua natura, al fascino dei ministeri e degli assessori; nemico di ogni personalismo burocratico; impegnato in ogni lotta per un’alternativa di potere della classe lavoratrice e delle masse oppresse.
Sta qui la scelta di una presentazione elettorale indipendente del PCL,ad ogni livello. A livello amministrativo, a partire dalle grandi città e provincie, in aperta opposizione alle giunte di centrodestra e di centrosinistra. A livello di elezioni europee, intraprendendo la raccolta delle firme per la presentazione del partito, in aperta sfida ad una legge elettorale reazionaria, che prevede un enorme numero di firme in ogni circoscrizione : non sapendo se riusciremo a scavalcare questa barriera quasi proibitiva, ma affrontando la sfida senza timidezza.
Non siamo elettoralisti, ma comunisti. Il nostro fine non è la partecipazione alle elezioni, in quanto tale, ma la presentazione del nostro programma, in funzione della costruzione di una prospettiva politica che riteniamo decisiva per il mondo del lavoro e le sue ragioni generali. Non ci interessa l’arruolamento in cartelli elettorali ibridi e senza principi comuni, a rimorchio di altri progetti. Ci interessa una campagna elettorale interamente investita in un progetto di lotta anticapitalista: tanto più nel momento in cui la grande crisi del capitalismo e di ogni vecchia illusione riformista, rilancia l’attualità storica della prospettiva rivoluzionaria quale unica soluzione progressiva. Ogni avanzamento della riconoscibilità pubblica di un programma anticapitalista e di una proposta radicale di lotta, nei luoghi di lavoro e nei movimenti sociali, è mille volte più importante per le ragioni dei lavoratori di ogni calcolo elettorale sul terreno istituzionale . Ogni passo avanti nella costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori, quale “sinistra che non tradisce”, è mille volte più importante per le prospettive di un’alternativa di società, di eventuali “vantaggi” contingenti di un blocco elettorale con la sinistra della disfatta.
La formula dell’”unità dei comunisti”, agitata da Diliberto e Grassi, ripropone del resto l’equivoco di sempre: quello dell’unità attorno ad un simbolo contraddetto nelle politiche e nei programmi. Il disfacimento del PRC in mille pezzi, lungo l’arco di 15 anni, è esattamente il fallimento di quella finzione. Con che coraggio si può riproporla? Il PCL persegue ostinatamente la vera unificazione dei comunisti, quale che sia la loro diversa provenienza: quella attorno ai principi del comunismo e ad un programma coerentemente anticapitalista, e quindi attorno al proprio progetto di costruzione. Questa è l’unica “unità comunista” capace di reggere e di costruire un futuro. La presentazione elettorale indipendente del PCL è al servizio di questo progetto.
UNITA’ DI LOTTA E PROGRAMMA ANTICAPITALISTICO
Peraltro gli stessi gruppi dirigenti della sinistra in disfacimento che ci chiedono l’unità elettorale, sono quelli che hanno respinto e tuttora respingono ogni proposta reale di unità di lotta, sul terreno dell’azione di classe anticapitalistica.
Il PCL si batte da tempo per una vertenza generale unificante del mondo del lavoro e per l’unità di lotta di tutti i sindacati di classe attorno a una piattaforma di svolta e a un’azione radicale prolungata. PRC e PDCI ignorano la nostra proposta, limitandosi a sostenere, di volta in volta e indifferentemente, piattaforme e scelte della direzione CGIL o dei sindacati di base. Senza lavorare né all’unificazione della lotta, né al suo sviluppo radicale.
Il PCL si è sempre battuto nei movimenti di lotta e nello scontro sociale per una dinamica di radicalizzazione e di autorganizzazione democratica di massa: nel movimento degli studenti per la generalizzazione delle occupazioni, l’autonomia dai rettori, un coordinamento nazionale di delegati eletti e revocabili, l’unità di lotta con i lavoratori; nella vicenda Alitalia per un’azione di lotta radicale e continuativa, la costituzione di un comitato di sciopero, la rivendicazione della nazionalizzazione dell’azienda. PRC e PDCI si sono subordinati alle direzioni egemoni dei movimenti ( e ai loro esiti disastrosi), contro le loro spinte interne più radicali e classiste.
Il PCL ha proposto a tutte le sinistre e le forze laiche una mobilitazione anticlericale che intrecciasse le rivendicazioni democratiche per i diritti civili con una piattaforma di attacco sociale frontale al capitalismo ecclesiastico (abolizione dei finanziamenti pubblici a sanità privata e a scuola privata, pubblicizzazione integrale dell’istruzione e del servizio sanitario, soppressione dei privilegi fiscali della Chiesa, esproprio delle grandi proprietà ecclesiastiche, con eccezione dei luoghi di culto). PRC e PDCI si limitano a contestare le ingerenze clericali. E le giunte locali che sostengono versano alle scuole cattoliche e alla Curia fior di milioni..
Il PCL ha proposto a tutte le sinistre una piattaforma anticapitalista all’altezza della crisi, che colleghi la lotta sindacale ad un programma antisistema (riduzione progressiva dell’orario per la ripartizione tra tutti del lavoro, nazionalizzazione delle aziende in crisi e delle banche, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, prospettiva di un governo dei lavoratori..). PRC e PDC respingono la nostra proposta, a favore di un generico richiamo all’intervento pubblico “antiliberista”. E là dove 2000 lavoratori in Alitalia hanno rivendicato, nel cuore della lotta, la nazionalizzazione dell’azienda ,si sono affrettati a denunciare come “ideologica” questa rivendicazione..
Il PCL ha proposto, sin dallo scorso luglio, un “Parlamento dei lavoratori e delle sinistre” come organismo democratico elettivo di fronte unico di lotta e di confronto pubblico tra tutte le forze del movimento operaio e popolare. PRC e PDCI hanno lasciato cadere la stessa proposta di discussione aperta sull’argomento. Persino la nostra pubblica disponibilità a concordare un “fronte unico d’azione” a sinistra, in risposta ad una sollecitazione formale del PRC, con tanto di nostro articolo su Liberazione, è stata totalmente ignorata...
Tutto ciò non è un caso: è la cartina di tornasole di una differenza di fondo. Il PCL si batte per unire i lavoratori attorno a un programma di rottura con la borghesia e di governo dei lavoratori. I gruppi dirigenti delle sinistre continuano a perseguire in forme diverse una ricomposizione col centrosinistra ( con cui governano tuttora
mezza Italia): o per via della “pressione” esterna di “movimento” ( Ferrero e Diliberto), o per la via interna della resurrezione dell’Unione ( Vendola e Fava). E’ il sentiero già battuto per 15 anni e già fallito, su cui il PCL non è mai stato e non sarà mai disponibile.
IN ITALIA E NEL MONDO: RIFORMA O RIVOLUZIONE?
Peraltro la stessa divaricazione di indirizzo si manifesta sulle tematiche internazionali, tanto più rilevanti in una competizione elettorale europea.
Il PCL ha proposto a tutte le sinistre una battaglia coerentemente antisionista, che non si limiti a denunciare le aggressioni di Israele contro il popolo palestinese, ma metta apertamente in discussione la natura coloniale dello stato sionista, a favore della prospettiva di una Palestina unita, libera, laica e socialista, rispettosa dei diritti nazionali della minoranza ebraica ,( entro una prospettiva socialista mediorientale), quale unica soluzione reale della questione palestinese. PRC , PDCI e tutte le sinistre si limitano alla solidarietà coi palestinesi e ripropongono la soluzione truffa “due popoli, due stati” accodandosi di fatto all’ipocrisia diplomatica internazionale.
Il PCL propone di collegare la difesa e valorizzazione della grande ascesa di massa in America Latina , contro ogni minaccia imperialista, ad una prospettiva apertamente socialista: fuori da ogni politica di compromesso con l’imperialismo e di “economia mista”. Da qui una linea di autonomia di classe da Morales e Chavez, pur all’interno della mobilitazione antimperialista. PRC e PDCI si adattano acriticamente al bolivarismo, e persino a Lula, avallando la mitologia del “ socialismo del xxi secolo”, e contrapponendosi alla sinistra rivoluzionaria latino-americana. Sino a tacere sull’uccisione di operai in lotta da parte della polizia chavista, o sull’opposizione del sindacato dei metalmeccanici boliviani alla controriforma pensionistica del governo Morales.
Il PCL propone un indirizzo di opposizione di classe alla nuova amministrazione USA di Barak Obama. Senza confondere le grandi aspettative di svolta che grandi masse hanno riposto in essa dopo l’era di Bush, con la reale natura imperialista del nuovo governo Democratico americano, sia sul terreno della politica sociale ( centralità del sostegno finanziario alle banche e alle grandi imprese), sia sul terreno della politica internazionale (continuità del sostegno strategico ad Israele, della guerra in Afghanistan, della presenza pur contenuta in Irak, e disegno dichiarato di ricostruzione dell’egemonia americana nel mondo..). PRC e PDCI e tutte le sinistre partecipano invece all’esaltazione (talvolta “critica”) dell’obamismo, fuori da ogni analisi di classe, e alla coda del centrosinistra internazionale.
Il PCL denuncia il restaurato capitalismo cinese e il suo regime oppressivo, con la relativa trasformazione della vecchia casta burocratica stalinista in una nuova borghesia; denuncia gli effetti sociali devastanti della restaurazione capitalista su centinaia di milioni di operai e contadini cinesi; appoggia le emergenti rivolte operaie e popolari cinesi contro il regime; denuncia il suo ruolo internazionale di collaborazione con l’imperialismo ( in particolare USA) sia sul terreno politico che economico; rivendica la prospettiva di una nuova rivoluzione socialista in Cina . La larga maggioranza del blocco PRC-PDCI difende la Cina come paese “socialista”, in un quadro di rapporti fraterni col cosiddetto “Partito Comunista Cinese”.
Il PCL oppone all’attuale Europa capitalista dell’Unione la prospettiva degli Stati uniti socialisti d’Europa, quale unica vera alternativa su scala continentale agli imperialismi europei e alla loro concertazione(UE): fuori da ogni illusione neokeinesiana di un possibile capitalismo “sociale” europeo , a carattere progressivo. PRC , PDCI e tutte le sinistre rivendicano invece la cosiddetta “Europa sociale e democratica”, come riforma “progressista” del capitalismo europeo. In qualche caso (PDCI e SD) chiedono l’esercito europeo, quale contrappeso agli USA, in una logica di sostegno all’imperialismo continentale. In tutti i casi partecipano ad aggregazioni di sinistra in Europa con partiti più volte corresponsabili – al pari loro-di governi imperialisti o delle loro maggioranze ( dal PCF a Isquierda unida ).
Ancora una volta, tutto ciò non è un caso. Tutte le divergenze internazionali tra il PCL e le altre sinistre italiane sono riconducibili non a diverse “analisi”, ma a differenti programmi di fondo. Da un lato un programma dichiarato di rivoluzione socialista internazionale quale unica soluzione progressiva al capitalismo mondiale, contro ogni vecchia illusione riformista: e dunque di ricostruzione di un’internazionale comunista e rivoluzionaria che recuperi e riattualizzi i principi del socialismo, rompendo radicalmente con la socialdemocrazia e lo stalinismo. Dall’altro, al di là delle parole, un programma di riforma del capitale( tanto più utopico oggi), funzionale a difendere in Italia la prospettiva di ritorno al governo col PD , e sul terreno internazionale la propria “rispettabilità diplomatica”e i propri rapporti, per quanto “critici”, con la socialdemocrazia.
La nostra scelta di presentazione indipendente del PCL alle elezioni, non è dunque frutto di un capriccio. Deriva , nel modo più naturale,dall’unicità del nostro programma nella sinistra italiana , e dal diritto-dovere di presentarlo pubblicamente per quello che è. Nell’unico interesse che ci sta a cuore: quello dei lavoratori e della rivoluzione.
MARCO FERRANDO